Esponendo acque inquinate a un fascio di elettroni, si ottiene una bonifica dai PFAS più efficace del carbone attivo o dell’osmosi inversa
Dal Fermi National Accelerator Laboratory, una soluzione innovativa per la bonifica dai PFAS
(Rinnovabili.it) – Commercializzate a partire dagli anni ’50, le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche – meglio note come PFAS – sono diventate un rompicapo. I processi naturali faticano a degradarle, e così si accumulano nell’ambiente e nel nostro corpo. La ricerca scientifica sta lavorando pancia a terra per trovare soluzioni scalabili per la bonifica dai PFAS e diverse innovazioni sono già state proposte.
L’ultima viene dai ricercatori del Fermi National Accelerator Laboratory, che hanno dimostrato con successo che un fascio di elettroni può distruggere i tipi più comuni di PFAS nell’acqua, come PFOA e PFOS. Questo metodo emerge come soluzione promettente per degradare PFAS in grandi volumi d’acqua ad alta concentrazione, dicono gli scienziati. L’acceleratore di fasci di elettroni A2D2, utilizzato per i test, è già utilizzato per scopi di ricerca da parte del settore industriale, dalle università e dai laboratori federali.
Come utilizzare questa tecnologia per la bonifica dai PFAS? La squadra di Fermilab ha testato la sua efficacia utilizzando campioni d’acqua contaminata da PFAS forniti dalla 3M, azienda multinazionale che produce una varietà di prodotti industriali. Il liquido era sigillato in contenitori delle dimensioni di un pennarello da lavagna. I contenitori erano in vetro borosilicato, così da non subire significativi impatti con l’esposizione ai fasci di elettroni. Un sigillo di alluminio è stato fissato sul vetro con una guarnizione in gomma priva di PFAS. A questo punto, gli scienziati hanno irradiato i campioni con il fascio di elettroni e li hanno rispediti alla 3M. L’azienda ha campionato sia l’aria nella parte superiore del contenitore, sia il liquido per verificare che i PFAS fossero stati distrutti senza rilasciare prodotti pericolosi nell’aria.
A differenza dei metodi tradizionali come l’osmosi inversa o il carbone attivo, che concentrano i PFAS senza distruggerli, il fascio di elettroni li ha eliminati del tutto. Il che rende possibile trattare maggiori volumi d’acqua nello stesso tempo. Utilizzando questo metodo, si rompono efficacemente i legami carbonio-fluoro che rendono queste sostanze normalmente difficili da scomporre. Il successo dell’esperimento va ora esteso. Sebbene i fasci di elettroni siano molto efficaci nello scomporre interi gruppi di PFAS, finora non tutti i composti sono stati testati. Resta quindi del lavoro da fare, anche se la tecnologia apre spiragli molto interessanti per bonificare il pianeta da queste sostanze chimiche tossiche.