Rinnovabili • Centrale di Fukushima: impatti “minimi” dallo sversamento di acqua nel Pacifico Rinnovabili • Centrale di Fukushima: impatti “minimi” dallo sversamento di acqua nel Pacifico

La strategia di Tokyo per zittire chi critica il rilascio in mare dell’acqua di Fukushima

L’ente gestore della centrale nucleare, la Tepco, ha annunciato la seconda parte del piano per il rilascio di 1,37 mln di t di acqua contaminata. Controlli serrati dell’IAEA, compensazioni per pesca, agricoltura e turismo e trasparenza dei dati i capisaldi

Centrale di Fukushima: impatti “minimi” dallo sversamento di acqua nel Pacifico
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Lo sversamento dell’acqua di Fukushima inizierà ad aprile 2023

(Rinnovabili.it) – Compensazioni, trasparenza, controlli indipendenti effettuati dall’IAEA, e campagne informative a tappeto in patria e all’estero. Sono i quattro pilastri su cui la Tepco, l’azienda che gestisce la centrale nucleare di Fukushima, fonda il piano per il rilascio nell’oceano dell’acqua radioattiva usata per raffreddare l’impianto dal disastro del 2011 a oggi. L’annuncio è arrivato nella mattinata di oggi, 28 dicembre, a poco più di un mese dalla pubblicazione del report tecnico sull’impatto dello sversamento dei liquidi in mare dopo un processo di decontaminazione.

Il piano per rilasciare l’acqua di Fukushima

Il tassello più importante del piano di Tepco è il monitoraggio. L’intera operazione sarà seguita da vicino dall’IAEA. L’agenzia internazionale per l’energia atomica compilerà il prossimo anno una valutazione provvisoria sulla sicurezza, prima del rilascio in mare, che si baserà su esami condotti sull’acqua decontaminata, sull’efficienza e l’affidabilità dei laboratori di analisi, e sulle regole con cui viene gestito il processo. Tepco ha chiesto esplicitamente all’IAEA di fornire raccomandazioni per migliorare la gestione del rilascio nell’oceano delle 1,37 mln di t di acqua decontaminata.

In parallelo, come aveva già annunciato il governo alcuni mesi fa, partirà il piano di compensazioni per i “danni reputazionali” all’industria ittica, agricola e del turismo. L’esecutivo in pratica fisserà dei parametri per accedere al fondo di compensazione. L’idea è quella di acquistare una certa quantità di pescato per sostenere le industrie che avessero subito delle perdite per minori vendite legate ai timori per la possibile contaminazione dei pesci. Il fondo ha una dotazione iniziale di 30 mld di yen (230 mln di euro).

Infine, tramite il ministero dell’Industria e l’agenzia per la Ricostruzione, Tokyo lancerà fin da gennaio 2022 una campagna informativa per rassicurare l’opinione pubblica mondiale della sicurezza dell’acqua. L’iniziativa servirà anche a condurre dei sondaggi per testare gli umori di acquirenti, mercati e vicini.

Le controversie sul rilascio in mare

Il rilascio dell’acqua radioattiva di Fukushima è una decisione controversa. Il governo assicura che i liquidi saranno tutti processati con l’Advanced Liquid Processing System (Alps), un sistema che permette di eliminare 63 dei 64 radionuclidi che contaminano l’acqua usata per raffreddare i reattori fusi. Date le dimensioni infinitesimali, dalle maglie dell’Alps riesce a sfuggire il trizio, un isotopo dell’idrogeno.

Ad ogni modo, Tokyo specifica che l’acqua sarà prima diluita con acqua marina di cento volte, fino a raggiungere una radioattività di 1.500 Bq/l (Bequerel per litro) e poi rilasciata nell’oceano. Dove, secondo le simulazioni di Tepco, anche nelle immediate vicinanze dell’area di rilascio la radioattività non dovrebbe superare i 30 Bq/l.

“La misura di 30 Bq/L osservata nell’area direttamente sopra l’uscita del tunnel è ancora significativamente al di sotto dello standard normativo nazionale (60.000 Bq/L) e delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la qualità dell’acqua potabile (10.000 Bq/L)”, specificava Tepco nella valutazione preliminare d’impatto pubblicata a novembre. Lo sversamento avverrà tramite un tunnel sottomarino lungo circa 1 km con una profondità massima di 12 metri, con un’operazione che partirà a aprile 2023 e durerà alcuni anni.

Molti paesi vicini, a partire da Cina e Corea del Sud, ma anche Taiwan e l’industria ittica giapponese, sono ben più scettici. Seul teme un impatto negativo sull’ambiente marino. Taipei tramite il suo Consiglio per l’energia atomica ha fatto sapere di essere dispiaciuta per la scelta e di aver installato 33 punti di monitoraggio per rilevare eventuali valori anomali di radioattività.

Quando il Giappone annunciò il rilascio in mare, lo scorso aprile, Pechino convocò in fretta l’ambasciatore nipponico e descrisse l’azione di Tokyo come “irresponsabile”. Ancora la scorsa settimana il ministero degli Esteri di Pechino metteva in dubbio non solo la legittimità della scelta (“unilaterale”), ma anche l’affidabilità dei dati sull’acqua contaminata e del processo di decontaminazione. Se l’acqua non pone davvero alcuno pericolo, accusava il 22 dicembre un portavoce del ministero, perché i giapponesi non la rilasciano nei laghi o non la usano per usi civili invece di sversarla nell’oceano?”.

L’Alps funziona davvero?

Greenpeace, benché riconosca che il rilascio in mare di acqua decontaminata è una pratica comune nell’industria in tutto il mondo, sottolinea le differenze di Fukushima con gli altri casi ordinari. Quell’acqua contiene molti più radionuclidi e ha un livello di radioattività maggiore del solito. I livelli di trizio registrati, argomenta, sono a 860 TBq (Tepco dice invece 760), mentre l’Alps non funzionerebbe sempre a dovere.

Lo si desumerebbe da documenti della stessa Tepco, dove si registravano valori di stronzio-90 di 100 volte (e in alcuni prelievi anche di 20.000 volte) superiori rispetto ai livelli standard. Lo stronzio-90 è particolarmente pericoloso perché viene assorbito dal corpo umano e si accumula lungo la catena alimentare, riuscendo a spezzare la doppia elica del Dna con aumento di rischio di cancro al sangue e leucemia.

Altro aspetto su cui l’ong solleva dubbi è l’assicurazione, da parte di Tepco, che l’Alps riesce a decontaminare il liquido portando a livelli soddisfacenti ogni radionuclide. Secondo Greenpeace la valutazione è quanto meno prematura, visto che si basa sul processo completo di appena 2mila t di acqua, lo 0,25% del totale (dati di aprile 2021).