Vittoria per i 200.000 cittadini brasiliani che, vistasi negata giustizia nelle corti del loro paese (al netto di risarcimenti di facciata e compensazioni opache), chiedevano da anni di affrontare l’azienda anglo-australiana Bhp con un processo in Gran Bretagna
Nel 2015 la marea tossica della diga di Fundão arrivò fino all’Atlantico
(Rinnovabili.it) – Duecentomila cittadini brasiliani hanno diritto a chiedere giustizia a un tribunale inglese. Sul banco degli imputati la Bhp, la multinazionale anglo-australiana con quartier generale in Gran Bretagna che gestiva la diga di Fundão (nota anche come diga di Mariana o diga Samarco), crollata nel 2015 causando il più grande disastro ambientale della storia del Brasile. Lo ha deciso una corte d’appello britannica, sconfessando il parere di un giudice inglese di pari grado che l’anno scorso aveva bocciato la richiesta.
Il processo si terrà anche a Londra, nonostante il disastro della diga di Fundão sia già stato trattato dalla giustizia del paese sudamericano. Perché? “La stragrande maggioranza dei ricorrenti che hanno ottenuto un risarcimento ha ricevuto solo somme molto modeste a titolo di danni morali per l’interruzione dell’approvvigionamento idrico… I ricorrenti dovrebbero essere autorizzati a procedere con le richieste di risarcimento nell’azione legale”, scrive il giudice nel parere che dà il via al processo su suolo inglese.
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È solo con risarcimenti irrisori che la giustizia in Brasile ha chiuso la faccenda. Se ai familiari delle 19 vittime e a chi ha perso casa e averi a causa della valanga di fango velenoso sono arrivati spiccioli, le aziende – la Vale, in joint venture con Bhp – hanno trovato accordi di comodo col governo: compensazioni garantite alle comunità colpite, ma senza che le comunità stesse possano decidere come impiegare i fondi. E sconti fortissimi sulle multe.
Troppo poco per un disastro della portata di quello della diga di Fundão, per cui i querelanti chiedono 5 miliardi di sterline. Sette anni fa la diga che chiudeva un bacino di contenimento per gli scarti dell’industria mineraria cedette, riversando a valle 40 milioni di m3 di fanghi tossici. L’acqua avvelenata colpì gli ecosistemi del Rio Doce, buona parte dello stato di Minas Gerais, e colorò di un arancione tossico il corso del fiume fino all’oceano Atlantico.
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