Dall'edilizia alla viabilità, i prodotti fotocatalitici sono sempre più numerosi. Grazie alla luce il fotocatalizzatore attiva una reazione chimica che intrappola la CO2, combatte i batteri e pulisce i materiali.
Tegole fotovoltaiche, finestre intelligenti, microeolico, addirittura cogenerazione, sono bene o male termini entrati a far parte del nostro bagaglio di informazioni, parole che immediatamente associamo ad un edificio altamente performante, a zero emissioni e capace di produrre da solo energia “pulita”. Fortunatamente questo panorama si sta velocemente espandendo e l’avvicinarsi del fatidico 2020, anno in cui tutti gli edifici dovranno essere ad energia quasi zero, ha ulteriormente accelerato questo processo. Ovviamente il fine ultimo di tutte queste azioni, sia legate al comparto edilizio che a tutti gli altri settori, è l’impegno a diminuire progressivamente il carico di inquinamento attualmente presente nell’atmosfera, un problema di dimensioni planetarie se consideriamo il surriscaldamento globale.
Gli ultimi anni hanno visto avvenire un interessante cambiamento di rotta, che ha aggiunto valore e lungimiranza al processo costruttivo: alle numerose applicazioni per la produzione di energia rinnovabile destinate quindi al risparmio ed alla riduzione delle emissioni nocive, si sono aggiunti componenti in grado di “mangiare” l’inquinamento atmosferico, combattendo attivamente questo fenomeno.
Si tratta dei materiali fotocatalitici che grazie al progresso della tecnologia, hanno guadagnato velocemente terreno, arrivando ad essere utilizzati in moltissimi settori.
Un processo naturale
Anche il nome sembra complesso, la fotocatalisi è un fenomeno naturale ed abbastanza semplice, in cui una sostanza, definita fotocatalizzatore, modifica la velocità di una reazione chimica attraverso l’azione della luce. Il processo in questo modo innescato, permette di accelerare il fenomeno dell’ossidazione favorendo così la decomposizione degli agenti inquinanti. Attraverso questo procedimento (molto simile a quello della fotosintesi), le sostanze dannose presenti sui materiali e nell’aria, quali l’Ossido di azoto (NOx), le polveri sottili (PM10) o i VOC (Volatile Organic Compound), vengono facilmente trasformate in sali inorganici innocui, come i nitrati di sodio (NaNO3), carbonati di sodio (CaNO3) o il calcare (CaCO3), sostanze solubili in acqua e, soprattutto, non nocive.
Il fotocatalizzatore maggiormente utilizzato è il Biossido di Titanio (TiO2), un materiale ampiamente utilizzato nelle applicazioni tecnologiche, che oltre ad agire come antiinquinante per l’atmosfera, permette un’azione antibatterica dei prodotti, valida sia per gli ambienti interni che direttamente per l’acqua.
LE APPLICAZIONI “MANGIA SMOG”
L’utilizzo di prodotti con qualità fotocatalitiche spazia tra moltissimi settori a partire dal comparto edile fino ad arrivare alle applicazioni urbane ed alla realizzazione di asfalti speciali.
L’asfalto che purifica l’aria
E’ proprio quest’ultimo prodotto ad aver attirato recentemente l’attenzione, con la pavimentazione”mangia smog” dell’aeroporto di Malpensa. Grazie ad una particolare miscela contenente biossido di titanio cosparsa a spruzzo su 18.000 mq di asfalto delle piste corrispondenti al Terminal 1 dello scalo milanese, è stato possibile ridurre in otto settimane le concentrazioni di ossido di azoto del 9-10%; una soluzione che ha inoltre permesso all’aeroporto di guadagnarsi il recente riconoscimento di aeroporto Carbon Neutral all’interno del programma Airport Carbon Accreditation.
Anche in campo stradale le applicazioni fotocatalitiche hanno riscosso notevole successo, soprattutto per le arterie di grande traffico e quindi grande inquinamento: ad esempio l’unione delle proprietà fotocatalitiche alle barriere fonoassorbenti delle autostrade ha permesso di integrare in un unico soluzione due elementi fondamentali per la strategia ambientale, la riduzione dell’inquinamento atmosferico e di quello sonoro.
I prodotti fotocatalitici per l’edilizia
L’utilizzo dei prodotto fotocatalitici per il settore edile rappresenta uno dei più interessanti sviluppi degli ultimi anni. Abbiamo ormai imparato a convivere con le giornate di blocco del traffico per i livelli troppo elevati di PM10 delle nostre città o alla chiusura dei centri storici, accorgendoci però che questo tipo di soluzione è tutt’altro che sufficiente alla riduzione significativa dell’inquinamento ambientale. Per intervenire a favore di questo grave problema la tecnologia e l’innovazione hanno prodotto soluzione di grande valore, che garantisce le qualità antinquinanti senza però trascurare l’aspetto estetico.
E’ questo il caso delle tegole fotocatalitiche, un’applicazione piuttosto recente che attraverso l’utilizzo del biossido di titanio come rivestimento o all’interno della composizione stessa dei coppi, assorbe le particelle nocive presenti nell’aria, trasformandole in semplici sali non tossici, che alla prima precipitazione vengono lavati dal tetto finendo per disperdersi nel terreno, ovviamente senza nessun tipo di conseguenza.
Ricerche importanti e positive, che se affiancate ai successi già raggiunti dalle innumerevoli applicazioni fotovoltaiche per l’edilizia, consentirebbero di trasformare completamente le nostre città, innalzando notevolmente la qualità della vita.
Secondo le recenti stime dei ricercatori universitari e del CNR, una superficie di 1 mq è in grado di depurare in 45 secondi fino al 90% di un metro cubo d’aria; questo significa che nel corso di un anno, una copertura di 200mq realizzata con tegole fotocatalitiche, sarebbe in grado di smaltire una quantità di agenti inquinanti pari alle emissioni di un’automobile di media cilindrata (ipotizzando una percorrenza di 18.000 km emettendo 140gCo2/km), oppure a quelle di due caldaie impiegate nel riscaldamento di un edificio a uso residenziale.
Una delle prime applicazioni del processo della fotocatalisi all’edilizia resta comunque legata alle svariate utilizzazioni del cemento. La porosità di questo materiale infatti, consente un maggiore assorbimento delle particelle nocive dell’aria, esponendo una maggiore superficie fotocatalitica ai raggi luminosi e di conseguenza al’ossidazione. Non tutti sanno che anche le tre vele della celebre Chiesa di Richard Meier “Dives in Misericordia” costruita a Roma, sono state realizzate servendosi di calcestruzzo fotocatalitico.
Le applicazioni indoor
Elemento indispensabile perchè il processo avvenga correttamente è la presenza di una fonte luminosa, sia naturale che artificiale; questo permette di sfruttare le qualità fotocatalitiche anche all’interno delle abitazioni.Per gli ambienti indoor l’utilizzo di prodotti di questo tipo è molto importante, soprattutto grazie alle loro peculiarità antibatteriche. L’accelerazione del processo di ossidazione infatti permette l’eliminazione quasi totale dei principali ceppi batterici pericolosi per la salute umana, innescando anche un’azione autopulente e di preservazione delle principali qualità del materiale. Moltissime aziende specializzate nella produzione di prodotti ceramici per gli interni hanno investito tempo e risorse nella sperimentazione di un sempre maggior numero di applicazioni fotocatalitiche, arrivando a produrre piastrelle, pitture, vernici e pavimentazioni di elevata qualità.
Un’ulteriore interessante proprietà delle applicazioni fotocatalitiche ottenute mediante il biossido di titanio è la capacità di formare film che, mantenendo constante il proprio grado di trasparenza, trovano una vasta applicazione nelle componenti verticali dell’involucro e nelle stesse finestre. Alcune recenti ricerche stanno sviluppando una nuova tipologia di vetri per finestre, rivestiti esternamente da una sottilissima pellicola in biossido di titanio, che oltre a consentire l’attivazione del processo di fotocatalisi antinquinante, mediante i raggi UV assumono proprietà superidrofiliche, dando origine a materiali autopulenti ed antiappannanti.