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Bruciano pneumatici per minare bitcoin: l’ultima follia dell’industria delle crypto

L’impatto ambientale del minare bitcoin è sempre più sottolineato. In Pennsylvania si brucia addirittura carbone di scarto e gomme d’auto

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Residenti e ambientalisti sul piede di guerra con la società che inquina l’aria per minare bitcoin

(Rinnovabili.it) – Si è scritto molto e sempre di più sull’impatto ambientale che ha minare bitcoin. Il processo di creazione delle criptovalute è ad alta intensità energetica e rappresenta ormai un campo nel quale una regolamentazione è sempre più necessaria.

Anche perché le promesse di sostenibilità fatte dalle aziende non sempre corrispondono al vero. Nel caso della Stronghold Digital Mining, le cui attività in Pennsylvania stanno sollevando un polverone niente affatto digitale.

Infatti, l’azienda sostiene di utilizzare materiali di scarto per minare bitcoin, ma sta troando una fiera opposizione sul territorio del piccolo comune di Nesquehoning, 120 km a ovest di New York. Qui, gruppi ambientalisti e residenti, sono inferociti per il fatto che questo materiale di scarto è rappresentato da carbone di scarto e pneumatici fuori uso, bruciati nella centrale elettrica locale.

Quando i bitcoin emettono sostanze tossiche e cancerogene

La società di bitcoin mining ha infatti comprato l’impianto e dal 2021 lo utilizza per produrre le sue criptovalute. Ma le emissioni derivanti dalla combustione di carbone e gomme di automobili preoccupano il territorio. Si tratta di un approccio controverso perché, sebbene la rimozione dei rifiuti di carbone possa aiutare a risanare i terreni contaminati, il processo emette gas serra e altre sostanze chimiche dannose. Fra l’altro, potrebbe servire molto più carbone di scarto per produrre la stessa quantità di elettricità che produrrebbe il carbone normale. Per rendere più efficiente il processo, quindi vengono aggiunti gli pneumatici fuori uso. La quota a cui si vorrebbe portare il contributo delle gomme esauste è il 15%. 

I residenti si dicono “scioccati” perché la combustione di pneumatici disperde nell’aria diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici. Tutte sostanze altamente tossiche e cancerogene.

L’azienda si difende dichiarando che sta utilizzando le migliori tecnologie disponibili, ma presto dalle lettere di protesta la reazione sociale potrebbe diventare più visibile.