Durante l'ultimo trimestre del 2019 e il primo del 2020, gli incendi boschivi in molte regioni dell’Australia hanno devastato economia ed ambiente, ma anche la salute della popolazione ne ha risentito: 3.151 ricoveri e oltre 400 vittime in 133 giorni solo a causa del fumo
Enormi i danni sanitari legati agli incendi boschivi nell’Australia orientale
(Rinnovabili.it) – Le condizioni meteorologiche estreme, aggravate dai cambiamenti climatici, portano sempre più frequentemente a grandi incendi. Una delle situazioni più drammatiche si è registrata nell’Australia orientale dove i roghi hanno ucciso più di 1 miliardo di animali selvatici e bruciando oltre 12 milioni di ettari di terra, ma le conseguenze non hanno colpito solo fauna e flora selvatiche. Il fumo scaturito da questi incendi boschivi è stato responsabile di 417 morti, 3151 ricoveri, di cui 1124 per problemi cardiovascolari e 2027 per problemi respiratori, nonché di 1305 emergenze per asma. È una ricerca pubblicata dal Medical Journal of Australia a rendere pubblici i dati.
I ricercatori spiegano che “tali incendi hanno effetti sociali, ecologici ed economici concreti, compresi gli effetti sulla salute pubblica associati al fumo, come la mortalità prematura e l’aggravamento delle condizioni cardio-respiratorie”. Durante l’ultimo trimestre del 2019 e il primo del 2020, gli incendi hanno colpito “un gran numero di persone nel New South Wales, nel Queensland, nell’Australian Capital Territory e nel Victoria” e la ricerca ha valutato gli “oneri sanitari imputabili all’inquinamento atmosferico generato dagli incendi boschivi durante questo periodo”.
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I ricercatori, guidati da Nicolas Borchers Arriagada dell’Università della Tasmania, hanno stimato l’esposizione della popolazione al PM2,5 nelle regioni sopracitate, basandosi sui dati di monitoraggio della qualità dell’aria accessibili al pubblico. I dati sono stati ottenuti dal Dipartimento di Pianificazione, Industria e Ambiente del NSW, dal Dipartimento di Scienze del Queensland, dall’ACT Health e dall’Environmental Protection Agency Victoria.
I giorni presi in esame sono stati quelli in cui, durante le 24 ore, la concentrazione di PM2,5 ha superato il 95° percentile dei valori storici medi e giornalieri rintracciati da singole stazioni di qualità dell’aria. “Durante il periodo di studio – scrivono gli autori – le concentrazioni di PM2,5 che superavano il 95° percentile […] sono state registrate in 125 dei 133 giorni analizzati da almeno una stazione di monitoraggio presente nell’area”. Il livello più alto di esposizione al PM2,5 ponderato per la popolazione – 98,5 μg / m3 al 14 gennaio 2020 – “è stato superiore di quattordici volte rispetto al valore medio ponderato di PM2,5 in 24 ore, ossia 6,8 μg / m3”. I risultati indicano “che l’impatto sulla salute legato al fumo è stato notevole”, hanno spiegato gli autori.
Saranno necessarie analisi epidemiologiche più dettagliate per fornire informazioni complete sui danni attribuibili “al grave inquinamento atmosferico associato a questi incendi senza precedenti”. Infatti – va ricordato – che il fumo è “solo uno dei tanti problemi che si intensificheranno con l’aumentare della frequenza e della gravità degli incendi boschivi associati ai cambiamenti climatici”. Come concludono i ricercatori “sono urgentemente necessari approcci estesi e diversificati per la mitigazione degli incendi e l’adattamento alla vita in un paese sempre più caldo”.
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