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Allevamenti intensivi tra i settori maggiormente responsabili del particolato in Italia

In base alla ricerca condotta da Greenpeace Italia in collaborazione con ISPRA, allevamenti intensivi e riscaldamento contribuiscono al 54% delle polveri sottili nella Pianura Padana

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Credit: Prepair

Analisi Greenpeace – ISPRA: riscaldamento e allevamenti intensivi, in Pianura Padana causa del 54% delle polveri fini

(Rinnovabili.it) – Oltre a contribuire alla diffusione del virus, l’inquinamento atmosferico causa gravissimi danni respiratori, a loro volta terreno fertile per agenti infettivi come lo stesso Covid19. Non è un caso se la Lombardia, cioè la regione che più di tutte in Italia ha sofferto l’epidemia, è anche maglia nera per quanto riguarda l’inquinamento da particolato. 

Quali sono i settori responsabili di un simile inquinamento?
A formare lo smog della Pianura Padana, oltre a ossidi di azoto e di zolfo, concorre in maniera importante l’ammoniaca che, liberata in atmosfera, si combina con questi componenti generando le polveri fini.
Cruciale in tal senso risulta essere il ruolo degli allevamenti intensivi, responsabili di circa l’85 per cento delle emissioni di ammoniaca in Lombardia. Secondo la ricerca condotta dall’Unità investigativa di Greenpeace Italia in collaborazione con ISPRA, l’ammoniaca che fuoriesce dagli allevamenti concorre mediamente a un terzo del PM della Lombardia, superando il 50% del totale durante gli “episodi acuti”, cioè lo spandimento di liquami sui campi.

Gli allevamenti intensivi non solo si confermano la seconda causa di polveri sottili, ma si può osservare come dal 1990 al 2018, il loro contributo sia andato crescendo. Paradossalmente, però, una gran quantità di soldi pubblici continua a foraggiare questo sistema, a cominciare dai sussidi della PAC” commenta Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.

“Per ridurre le emissioni di ammoniaca e quindi le concentrazioni di particolato il settore allevamenti potrebbe fare molto. Puntare sulla qualità invece che sulla quantità è una priorità: attraverso produzioni che rispettino alti standard anche dal punto di vista ambientale, possiamo rilanciare il nostro Made in Italy dopo questa difficile fase emergenziale, per questo le strategie future, come il Green Deal europeo e Farm to Fork, e strumenti come la PAC devono prevedere risorse adeguate per aiutare le aziende agricole a ridurre il numero degli animali allevati e nel passaggio a metodi di produzione ecologici”.

Il peso del settore allevamenti per l’inquinamento da PM varia comunque da regione a regione. In base alla ricerca di cui sopra, a livello nazionale il settore più inquinanti al 2018 si conferma essere il riscaldamento residenziale e commerciale, in grado di incidere per il 37% del totale (contro il 17% degli allevamenti).
Nonostante questi due settori insieme siano la causa del 54% del PM2,5 in Italia, va evidenziato, la percentuale del contributo degli allevamenti intensivi non è mai diminuita e, anzi, è cresciuta del 10% in vent’anni. 

Serve un cambio di rotta, avverte l’ISPRA: “mentre abbiamo centrato i limiti emissivi per tutte le sostanze per il 2020, se la situazione attuale non cambierà per l’Italia sarà molto sfidante, per non dire difficile, stare entro i limiti fissati per il 2030”.

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