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Dopo il rilascio, l’acqua di Fukushima non è radioattiva

I dati del ministero dell’Ambiente di Tokyo rassicurano: i livelli di radioattività delle acque prelevate in 11 siti nei pressi della centrale nucleare dove è iniziato il rilascio in mare dell’acqua contaminata sono su 7-8 becquerel al litro. Il limite considerato sicuro dall’OMS per l’acqua potabile è 10.000 Bq/l, per il Giappone 60.000 Bq/l

Acqua Fukushima: livelli di radioattività normali dopo il rilascio
Personale dell’IEAE ispeziona il sistema di decontaminazione ALPS presso l’impianto di Fukushima. Crediti: IAEA Imagebank via Flickr (CC BY 2.0)

L’acqua di Fukushima contiene trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno

(Rinnovabili.it) – Il rilascio dei primi fusti di acqua di Fukushima non ha aumentato la radioattività del mare nei pressi della centrale nucleare giapponese. Le rilevazioni del ministero dell’Ambiente di Tokyo non hanno rilevato alcun valore fuori norma dopo che il 24 agosto il paese ha avviato il controverso programma di rilascio in mare, previa decontaminazione, delle acque radioattive impiegate per raffreddare il nocciolo fuso dell’impianto coinvolto nel disastro del 2011. Programma che durerà circa 30 anni, è stato considerato sicuro dall’AIEA e accompagnerà l’intero decommissioning del sito danneggiato.

I livelli di radioattività delle acque di Fukushima

In tutti gli 11 siti dove sono stati effettuati i prelievi, le acque di Fukushima sono risultate sicure. Le concentrazioni di trizio sono infatti su livelli di 7-8 becquerel al litro (Bq/l), sufficientemente bassi da “non causare impatti negativi sulla salute umana e sull’ambiente”, sostiene il ministero dell’Ambiente giapponese. Questo isotopo radioattivo dell’idrogeno è il sorvegliato speciale.

È uno dei 64 radionuclidi individuati nell’acqua usata per raffreddare i reattori di Fukushima che non si riesce a eliminare. Il processo di decontaminazione messo a punto per il rilascio, l’Advanced Liquid Processing System (ALPS), non riesce a separare il trizio dall’acqua. Così, la Tepco, la società che gestisce l’impianto di Fukushima, e le autorità giapponesi hanno deciso di diluire l’acqua fintanto che la concentrazione scende a livelli accettabili.

Anche se non esiste un livello di trizio definito sicuro riconosciuto a livello mondiale, concentrazioni inferiori a 10 Bq/l sono estremamente basse. La Tepco si è autoimposta un limite massimo di 700 Bq/l mentre l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce sicura per il consumo umano l’acqua con una radioattività pari o inferiore a 10.000 Bq/l.

Altri scienziati sono meno certi che il rilascio di acqua ancora contaminata da trizio possa essere definito sicuro. Uno studio pubblicato ad aprile 2023 sosteneva che il trizio potrebbe avere degli effetti negativi diretti su animali e piante, anche danneggiare il dna delle cellule. Un rischio analogo è stato paventato già nel 2020 per il carbonio-14, un altro elemento che l’ALPS non riesce a eliminare dall’acqua di Fukushima. Tuttavia, la maggior parte dei paesi al mondo considera sicuri livelli di radioattività anche migliaia di volte più elevati di quelli riscontrati in questi giorni a Fukushima. Il Giappone adotta come soglia 60.000 Bq/l.

Tra i critici più feroci del rilascio dell’acqua di Fukushima c’è la Cina. Che secondo le autorità giapponesi sarebbe dietro a un’ondata di telefonate minatorie ricevute durante il fine settimana da impianti di proprietà giapponese in Cina. Al punto da spingere Tokyo a convocare l’ambasciatore di Pechino per chiarimenti.