Nel mese di febbraio in 39 città nel Nord del Paese l’inquinamento atmosferico è aumentato, rendendo sempre più improbabile il raggiungimento degli obiettivi annuali cinesi di qualità dell’aria
Il ministero dell’ambiente ha ribadito che la Cina non ridurrà gli sforzi per contrastare l’inquinamento atmosferico
(Rinnovabili.it) – Nonostante la Cina stia cercando di risolvere il problema, a febbraio l’inquinamento atmosferico in 39 città nel Nord del Paese è salito, rendendo sempre più improbabile il raggiungimento degli obiettivi annuali di qualità dell’aria. Sono ormai sei anni che la Cina è impegnata nella sua “guerra all’inquinamento” per cercare di invertire i danni derivanti da oltre trent’anni di crescita economica sfrenata e placare i timori dei cittadini, preoccupati per lo stato di salute dell’aria, del suolo e dell’acqua. Nella sua relazione annuale sul lavoro del governo, consegnata oggi al Parlamento, il premier Li Keqiang ha promesso che la Cina quest’anno continuerà a rafforzare la prevenzione e il controllo dell’inquinamento atmosferico. Ma il Paese fatica a raggiungere i suoi obiettivi negli ultimi mesi, specialmente nelle 39 città che si trovano nelle zone di controllo dell’inquinamento settentrionale di Pechino-Tianjin-Hebei e nella pianura di Fenwei, dove le concentrazioni medie di PM2.5 a febbraio sono aumentate del 40%, con una media di 108 microgrammi per metro cubo.
Secondo i dati ufficiali, infatti, soltanto a Anyang, città nella provincia di Henan e la più inquinata tra le 39, le PM2.5 sono cresciute del 60% rispetto all’anno precedente, raggiungendo una media di 163 microgrammi per metro cubo, con un picco che ha superato addirittura i 500 microgrammi per metro cubo. Si tratta di cifre di gran lunga lontane dallo standard che si è dato il Paese di 35 microgrammi per metro cubo, e ancora più lontane da quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (una media annua non superiore a 10 microgrammi). Il ministero cinese dell’Ecologia e dell’ambiente ritiene che l’allarme inquinamento atmosferico di febbraio sia dovuto anche a un debole effetto di El Nino e a un conseguente aumento di temperatura e umidità, che hanno reso più difficile la dispersione delle emissioni dopo il 19 febbraio. A contribuire all’impennata di smog nel Paese, secondo il Ministero sarebbero stati anche i fuochi d’artificio del Festival delle Lanterne e la riapertura delle fabbriche dopo la festa del capodanno lunare.
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Per l’analista dell’inquinamento atmosferico di Greenpeace, Lauri Myllyvirta, non ci sono dubbi che la cattiva qualità dell’aria nella seconda metà di febbraio sia stata dovuta in parte al continuo aumento dell’industria pesante e in parte alla produzione delle centrali a carbone. Effettivamente, solo sei delle 39 città hanno registrato un calo generale delle concentrazioni di PM2.5 nel periodo di controllo dell’inquinamento ottobre-febbraio, ma in generale i livelli medi sono aumentati del 13%. Il ministero dell’ambiente ha ribadito che la Cina non ridurrà gli sforzi per contrastare l’inquinamento atmosferico e ha avvertito che i governi locali che non riusciranno a raggiungere i loro obiettivi saranno ritenuti responsabili. Secondo quanto dichiarato dal premier Li Keqiang, quest’anno la Cina taglierà il 3% di inquinanti chiave, come il biossido di zolfo e l’ossido di azoto, e punterà ad abbassare le densità di PM2.5 nelle aree chiave, sebbene non abbia dato alcun obiettivo specifico.