Un video girato dall'ex ufficiale della marina Victor Vescovo mostra due frammenti di rifiuti sul fondale del Challenger Deep, il punto più profondo dell'Oceano Pacifico.
La scoperta, durante una missione per prelevare rocce e materiali organici dalla Fossa delle Marianne
(Rinnovabili.it) – Cosa vede un esploratore che si spinge nelle più inaccessibili profondità marine? Specie animali rarissime, un paesaggio quasi alieno, certo, ma anche rifiuti e scarti prodotti dall’uomo. Sta suscitando molto dibattito il video girato da Victor Vescovo, un ufficiale della marina in congedo, che a bordo del sottomarino DSV Limiting Factor si è immerso a oltre 10 mila metri di profondità, nella fossa delle Marianne e vi ha rinvenuto alcuni frammenti di rifiuti di origine umana.
Vescovo è sceso a 10.928 metri nella spaccatura che taglia il fondale dell’Oceano Pacifico, il luogo più profondo della crosta terrestre, stabilendo un nuovo record di immersione: “Non sono stato completamente sorpreso ma devo ammettere di essermi davvero mortificato nel vedere segni di contaminazione nel punto più profondo dell’Oceano– ha spiegato Vescovo durante un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Reuters – Il paesaggio lì sotto sembra quello lunare, eppure ci sono moltissime forme di vita. Continuando a scandagliare il fondale marino ho scoperto quelli che a prima vista sembravano 1 o 2 pezzi di materiale prodotto dall’uomo, non saprei dire se di plastica o metallo, uno dei quali aveva una scritta stampata sopra”.
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Vescovo è il cofondatore dell’Insight Equity Holdings: in queste settimane, la spedizione sottomarina sta collezionando rocce e materiali organici dal più remoto luogo della Terra, il cosiddetto Challenger Deep, nella Fossa delle Marianne.
Una profondità raggiunta solo in altre 2 occasioni dall’essere umano: la più recente nel 2012, quando il regista James Cameron raggiunse 10.908 metri di profondità. Prima del record di Vescovo, il primato spettava all’immersione della Marina militare USA, che nel 1960 tocco il fondale oceanico a quota 10.912 metri.
La contaminazione di materiali plastici nelle profondità marine era stata già rilevata in un recente studio della Newcaste University, che aveva rinvenuto microplastiche all’interno di organismi viventi a oltre 6 mila metri di profondità. La scoperta di Vescovo, se confermata, dimostrerà che anche frammenti di scarti di grandi dimensioni possono raggiungere luoghi teoricamente inaccessibili all’essere umano, con grave danno per le creature che vi abitano e che hanno sviluppato complessi sistemi di adattamento attraverso milioni di anni di evoluzione.
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