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Il climate change sposta in avanti le lancette dell’Apocalisse

Gli esperti del Bulletin of the Atomic Scientists hanno fatto avanzare di un minuto l’orologio che simboleggia quanto il Pianeta sia vicino alla sua fine. Colpa della proliferazione nucleare e cambiamenti climatici

(Rinnovabili.it) – Cinque minuti più vicini alla fine del Mondo. Il quadrante del famoso ‘Doomsday Clock‘, l’orologio che raffigura la fine del pianeta a causa di un conflitto nucleare, segna oggi le 23.55. Gli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago lo hanno creato nel 1947 – durante la guerra fredda – e da allora aggiornano ogni anno l’orario spostando in avanti e indietro le lancette a seconda di un peggioramento o un miglioramento della situazione internazionale. E se nel 2010 il mondo aveva guadagnato un minuto (23:54), l’anno appena conclusosi secondo gli scienziati americani avrebbe fatto perdere agli abitanti della terra nuovi sessanta secondi.

A convincere del miglioramento due anni fa erano stati gli accenni di collaborazione tra USA, Russia, Unione Europea, India, Cina, Brasile testimonianza di “una crescente volontà politica” d’affrontare sia “il terrore delle armi atomiche” che “il cambiamento climatico fuori controllo”.

Promesse però, spiega il comunicato ufficiale dell’associazione, in molti casi disattese. Sul fronte del Climate Change in particolare il Bollettino ritiene che la comunità globale sia sempre più vicina ad un punto di non ritorno. “Dal momento che le centrali a combustibili fossili e le infrastrutture costruite tra il 2012-2020 produrranno energia – ed emissioni – per 40-50 anni, le azioni intraprese nei prossimi anni ci metteranno su un percorso che sarà impossibile reindirizzare. Anche se i leader politici decidessero in futuro di ridurre la dipendenza dalle tecnologie ad alte emissioni di carbonio, sarà troppo tardi”. Gli scienziati propongono una serie di azioni da intraprendere per riportare indietro l’orologio:

  • un maggiore controllo sul nucleare civile e sulla proliferazione di quello militare;
  • l’adozione di un nuovo trattato sulle emissioni;
  • la trasformazione del settore del carbone a livello mondiale mandando in pensione i vecchi impianti e richiedendone di nuovi in grado di catturare e stoccare la CO2 prodotta;
  • l’aumento degli investimenti pubblici e privati nelle fonti alternative di energia.