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Idroelettrico: un megaimpianto nella foresta indiana

Il nuovo primo ministro Narendra Modi ha autorizzato un impianto idroelettrico che finora era sempre stato bocciato. Cancellerà 4000 ettari di foresta

Idroelettrico un megaimpianto nella foresta indiana.(Rinnovabili.it) – In agosto il ministro indiano dell’Ambiente ha rigettato la proposta di costruire quello che sarebbe stato il più grande impianto idroelettrico del Paese. Il problema della grande opera è che la si voleva costruire dentro un’area remota e incontaminata del nord est. I potenziali danni per la biodiversità hanno frenato il governo dal dare l’ok. Meno di un mese dopo, però, riportano due funzionari del ministero dell’Ambiente, sono arrivate le pressioni dal gabinetto del primo ministro Narendra Modi, una specie di idolo politico per gli indiani, ma con una doppia anima. Così la diga di Dabang, uno fra le centinaia di progetti ripetutamente bocciati in passato e poi approvati con l’arrivo di Modi, ha ottenuto il permesso. Si tratterà di un impianto da 3 mila megawatt di potenza, che per sorgere dovrà rimpiazzare 4 mila ettari di foresta. Cifre che rendono i danni “potenziali” alla biodiversità piuttosto tangibili.

 

Gli ambientalisti hanno subito imboccato il sentiero di guerra, criticando il governo per aver svenduto la foresta nel nome dello sviluppo industriale. Sunita Narain, direttore generale del Centro per la Scienza e l’Ambiente di Nuova Delhi, ha allargato le braccia: «C’erano già problemi con il governo precedente, ma con questo sono diventati più grandi. Invece di provare a riformare il sistema, stanno lavorando per abbatterne gli argini».

 

In questi primi 5 mesi di governo, Narendra Modi ha già ammorbidito parecchie normative a tutela dell’ambiente, per consentire lo sviluppo di grandi infrastrutture promosse dalle grandi compagnie. Le miniere di carbone, adesso, possono aumentare la produzione del 50% senza consultazioni pubbliche, mentre le industrie inquinanti possono operare a minor distanza dai parchi nazionali. Ma Modi è andato oltre, attaccando direttamente il mondo dell’ambientalismo: ha ristretto i controlli sulle finanze di Greenpeace e ridotto il numero di membri indipendenti in un comitato incaricato di valutare i progetti insediati ai limiti o dentro le aree protette. La sua politica, del resto, era chiara già dalla campagna elettorale: ampliare la platea dei cittadini con accesso all’energia elettrica, a qualsiasi costo. Anche ambientale.