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Non solo Thunberg: storie di giovani attivisti nel mondo

Ridhima, Kaluki, Aditya, Nina, Autumn e Leah. Questi sono solo alcuni dei nomi di giovani uomini e donne sparsi nel mondo il cui operato viene quotidianamente dimenticato dai media occidentali.

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Credits: Markus Spiske temporausch.com da Pexels

L’effetto Thunberg può avere un risvolto negativo: oscurare centinaia di giovani che cercano di salvare il pianeta

 

(Rinnovabili.it) – Ridhima, Kaluki, Aditya, Nina, Autumn, Leah. Questi sono i nomi di giovani (anzi giovanissimi) attivisti per il clima che rischiano di essere oscurati dalla potenza mediatica di Greta Thunberg. A dedicare loro lo spazio che meritano è Chika Unigwe, scrittrice nigeriana naturalizzata belga che sul Guardian mette in guardia dall’assolutizzare la figura della giovane svedese indicandola come vero e unico messia climatico.

 

Ridhima Pandey aveva solo nove anni quando nel 2017 ha intentato una causa contro il governo indiano per non aver intrapreso azioni concrete contro i cambiamenti climatici: la sua intera famiglia era stata costretta a fuggire dalle inondazioni che avevano colpito lo stato dello Uttarakhand nel 2013, causando centinaia di vittime.

 

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Kaluki Paul Mutuku è membro dal 2015 dell’African Youth Initiative on Climate Change. Cresciuto nelle aree rurali del Kenya, Kaluki è stato ispirato dalle sfide quotidiane per l’approvvigionamento dell’acqua che la sua comunità ha dovuto affrontare per gli effetti dei cambiamenti climatici.

 

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Aditya Mukarji nel marzo del 2018 ha iniziato una guerra contro le cannucce di plastica. In soli cinque mesi, aveva già contribuito a sostituire oltre 500.000 cannucce di plastica presenti nei ristoranti e negli hotel di Nuova Delhi.

Nina Gualinga, attivista indigena dell’Amazzonia ecuadoriana dall’età di otto anni, ha vinto nel 2018 il WWF International President’s Youth award per la difesa della biodiversità. Autumn Peltier, 15enne originaria della comunità di nativi americani di Anishinaabe, è ormai una veterana della lotta per il clima diventata famosa per aver affrontato Trudeau, primo ministro canadese, nella battaglia per le acque pulite. Leah Namugerwa, attivista ugandese di 15 anni, da febbraio di quest’anno sciopera ogni venerdì per il clima e contro l’inquinamento dovuto alla plastica.

 

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Questi sono solo alcuni dei coetanei di Greta Thunberg che quotidianamente affrontano l’impegno per salvare il pianeta e che, in qualche caso, hanno iniziato il loro attivismo pubblico ben prima della giovane svedese. Giovani uomini e donne che, per certi versi, hanno visto cancellata la propria identità e dimenticato il proprio operato a causa della scarsissima attenzione che i media occidentali riconoscono ai progressi che avvengono al di fuori del loro pezzo di mondo. Specie se questo mondo altro non può godere di alcuni privilegi o ha la pelle di una tonalità più scura.

 

Questo è il risvolto della medaglia del cosiddetto “effetto Thunberg”: un fenomeno in grado di incendiare i cuori e portare in piazza, come non mai, un enorme numero di ragazzi per uno scopo comune, ma che, al contempo, rischia di tradursi nella legenda del salvatore occidentale che risolve i problemi, contribuendo inevitabilmente a mettere in dubbio la capacità di azione e di progettualità degli altri popoli del mondo.

Di fronte a questo pericolo, dunque, l’unica strada è provare a dare voce alla pluralità di storie che si intrecciano tra loro per rendere il mondo un posto migliore.