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Al posto dei grandi laghi, gigantesche zone morte

L'aumento della temperatura superficiale oltre una certa soglia spezza il ciclo di risalita delle acque profonde, creando immense zone morte nei grandi laghi

zone morte

 

(Rinnovabili.it) – Con il riscaldamento globale, i grandi laghi rischiano di trasformarsi in zone morte. L’aumento delle temperature, infatti, blocca il naturale ciclo delle acque lacustri, soffocando le forme di vita che proliferano nelle profondità. Lo afferma una nuova ricerca uscita su Nature e condotta dall’Università di Reading, i cui esperti pongono l’accento sulla necessità di misure urgenti per favorire l’adattamento delle specie acquatiche a una situazione sempre più insostenibile.

Prendendo in esame 20 anni di dati (1991-2011), il nuovo studio ha concluso che i laghi più profondi in regioni fredde sono gli ecosistemi più a rischio di subire questo processo. Infatti, il riscaldamento delle loro acque si conserva più a lungo rispetto a bacini poco profondi, che si scaldano più rapidamente ma si raffreddano anche con maggior sollecitudine. La copertura di ghiaccio resiste sempre meno, sciogliendosi subito dopo l’inverno e permettendo alla radiazione solare di penetrare la massa d’acqua più presto che in passato.

 

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Alcuni laghi, dunque, con la continua concentrazione di gas serra in atmosfera, sono già oltre il punto di non ritorno. Molti altri potrebbero seguire, se non si mette un argine al riscaldamento globale. La soglia critica, secondo i ricercatori, è costituita da un differenziale positivo di 4°C nelle temperature superficiali. Un  aumento di zone mortetemperatura oltre questo limite, spezzerebbe il ciclo naturale di risalita delle acque profonde, generando una stratificazione permanente che provoca carenza di ossigeno sul fondale. Il caldo, unito ai fertilizzanti utilizzati in agricoltura e trasportati nei laghi dagli affluenti, favorisce lo sviluppo di cianobatteri, alghe di colore verde-azzurro che quando muoiono si depositano sul fondale, dove vengono degradate da batteri che consumano ossigeno nel processo. Così si creano le zone morte, che potrebbero crescere del 25% entro la fine di questo secolo.

Le soluzioni non passano unicamente per una riduzione delle emissioni, che resta comunque prioritaria: occorre mantenere gli ecosistemi sani, per renderli più resistenti al cambiamento climatico. Per i pesci e gli altri organismi d’acqua dolce, la chiave per la sopravvivenza può essere la mobilità. Da questo punto di vista, è cruciale ridurre il numero di barriere come dighe o canali sotterranei, per lasciare i pesci liberi di spostarsi tra i corpi idrici e cercare un habitat migliore.