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Giornata mondiale dell’Acqua: come proteggere l’oro blu?

Si prevede che la domanda d’acqua aumenterà di quasi un terzo entro il 2050, assetando fino 5mld di persone. Ma le soluzioni per combattere il problema esistono da migliaia di anni

 (Photo credit should read PUNIT PARANJPE/AFP/Getty Images)
(Photo credit should read PUNIT PARANJPE/AFP/Getty Images)

 

Si celebra ogni 22 marzo la Giornata mondiale dell’Acqua

(Rinnovabili.it) – “Nature for Water”. “La natura per l’acqua”: è questo lo slogan scelto per la Giornata mondiale dell’Acqua 2018 (World Water Day), l’evento ONU che da venticinque anni, ogni 22 marzo, celebra il ruolo vitale dell’oro blu. Il tema di quest’anno esplora le potenzialità degli strumenti di gestione sostenibile nella protezione delle risorse idriche e lo fa con l’urgenza che ormai contraddistingue tutte le ultime edizioni della manifestazione. Sì perché, come ricorda Erik Solheim, a capo del programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) “L’acqua è l’essenza della vita, ma non la proteggiamo abbastanza”.

 

Attualmente più di 2 miliardi di persone al mondo non hanno accesso a una fonte sicura di acqua potabile. E se in una parte di mondo si combatte con la scarsità di risorse idriche, dall’altra si aumentano i consumi, soprattutto per mano dell’agricoltura e dell’industria. Negli ultimi cento anni la domanda globale è sestuplicata e oggi continua a crescere a un tasso dell’1% l’anno. Di contro, però, il ciclo dell’acqua perde colpi: falde e sorgenti non riescono a tenere il ritmo dei consumi a causa di elementi come siccità e cementificazione. Non solo. I nostri ecosistemi di acqua dolce si stanno degradando a un ritmo allarmante: nel secolo scorso abbiamo perso il 64-71% delle zone umide naturali in tutto il mondo a causa di attività. E dagli anni ‘90 a oggi l’inquinamento dei corpi idrici è peggiorato in quasi tutti i fiumi di Africa, Asia e America Latina.

 

>>Leggi anche La scarsità d’acqua è il problema più grave che abbiamo<<

 

Il quadro di crisi idrica è destinato a peggiorare sotto lo sprone del riscaldamento globale e dell’aumento demografico. L’ONU prevede che la domanda d’acqua aumenterà di quasi un terzo entro il 2050, assetando fino 5 miliardi di persone.

La soluzione al problema esiste, ma va cercata nel passato più che nel futuro. Il report dell’UNEP, pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua affida il ruolo salvifico alla natura stessa. nel dettaglio, il documento delinea una serie di soluzioni per la gestione delle risorse idriche, da misure individuali da seguire nella propria vita domestica (leggi anche 15 preziosi consigli per risparmiare acqua in casa), a esempi di infrastrutture “verdi” da applicare paesaggi rurali e urbani, come piantare nuove foreste, ripristinare le zone umide e costruire muri vegetali e giardini pensili.

 

Non si tratta di abbandonare completamente le infrastrutture grigie (quelle tradizionali come i bacini idrici o le dighe) ma di impostare un approccio olistico alla gestione delle risorse idriche trovando l’equilibrio tra soluzioni basate sulla natura e quelle basate sull’ingegno umano.

In tal senso uno degli esempi più interessanti è costituito dal modello pilota sviluppato dall’ENEA per sfruttare le potenzialità autodepurative dei sistemi naturali al fine di recuperare, riqualificare e ampliare le aree umide soggette a deficit idrici e a processi di inquinamento. Il progetto in questione è stato proposto per la Palude di Torre Flavia, una delle aree umide più suggestive del Lazio, colpita negli ultimi anni da fenomeni di siccità, stress idrico, inquinamento e perdita di biodiversità. Nell’ambito dell’iniziativa di ricerca “WaterDROP”, l’Agenzia nazionale ha individuato delle soluzioni alle criticità in grado di ripristinare il bilancio idrico e la qualità delle acque, coniugando economicità e basso impatto ambientale. Il modello si affida a tecniche di fitodepurazione a flusso superficiale e al reimpiego dei reflui trattati dal depuratore urbano di Ladispoli per ripristinare il bilancio idrico dell‘area. “La maggiore estensione della parte umida della palude rispetto a quella attuale (più del 100%), ottenuta grazie alla rinaturalizzazione dell’area, – spiega Filippo Moretti, ricercatore ENEA del Dipartimento Sostenibilità dei Processi Produttivi e Territoriali – può costituire un argine naturale nei confronti degli incendi e una preziosa riserva per fornire acqua durante questi eventi estremi”. Il modello è replicabile e adattabile a tutte le realtà turistiche italiane.