La Corte costituzionale di Karlsruhe ha stabilito che l'abbandono del nucleare deciso da Berlino nel 2011 non si configura come un esproprio ai danni delle utilities
(Rinnovabili.it) – Via libera definitivo alla chiusura delle centrali nucleari tedesche. Dopo il disastro di Fukushima, Berlino aveva deciso di imporre lo stop a tutti gli impianti e dire addio all’energia nucleare. Le compagnie che li gestiscono però avevano prontamente fatto ricorso chiedendo ben 19 miliardi di euro di danni, perché la scelta del governo sarebbe stata nient’altro che un esproprio. Ieri la Corte costituzionale di Karlsruhe è finalmente arrivata a sentenza, togliendo di mezzo l’ultimo impedimento legale.
La Corte ha stabilito che affrettare la chiusura degli impianti ha effettivamente violato alcuni diritti di proprietà delle tre utilities coinvolte, ovvero E.ON, RWE e Vattenfall. Il governo dovrà quindi procedere con dei risarcimenti: ma la cifra è minima, ben lontana da quanto richiesto in origine. E soprattutto, il tribunale spazza via l’ipotesi di esproprio su larga scala. Era il punto più controverso: se avessero vinto le compagnie lo stop al nucleare tedesco sarebbe stato in forse.
Festeggia la ministra dell’Ambiente Barbara Hendricks: “La Corte costituzionale ha stabilito che l’uscita dal nucleare è essenzialmente in accordo con la nostra Costituzione. I miliardi richiesti dalle compagnie oggi non sono più sul tavolo”. Berlino non dovrà neppure corrispondere denaro in compensazione per gli investimenti persi dalle utilities, realizzati tra dicembre 2010 e marzo 2011 subito dopo che il governo aveva accordato un’estensione alla durata di esercizio degli impianti. La Corte stabilisce semplicemente che il governo dovrà regolare questa materia con una legge da approvare entro il 30 giugno 2018.
Ad ottobre la Germania aveva finalmente raggiunto un accordo con i colossi tedeschi dell’atomo per proseguire senza scossoni nel processo di decommissioning. Le aziende sono chiamate a farsi carico dei costi di smantellamento degli 8 impianti attivi sul territorio nazionale, da ultimare entro il 2022. I soldi per portare a termine l’opera sono 23,6 mld di euro, che le aziende dovranno versare secondo due modalità: in un’unica soluzione il 1 gennaio 2017 oppure in più tranche spalmate nei prossimi 10 anni. Ovviamente speravano di poter contare almeno in parte sulle compensazioni, che però la Corte ha negato.