Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Giappone e Canada sigillano la non negoziabilità dell’accordo sul clima. Ma per stilare un testo finale condiviso del vertice, accettano le "postille" USA
G7 Ambiente di Bologna, un flop preannunciato
(Rinnovabili.it) – Un G7 Ambiente artificioso, un po’ come quel tavolo rivestito d’erba a cui si sono seduti per due giorni i rappresentati delle sette potenze mondiali. Questo, tirando le somme, è stato il vertice di Bologna, che ha consegnato poche ore fa la sia dichiarazione finale. Per il padrone di casa, Gian Luca Galletti, un risultato c’è stato (seppur lontano da quello auspicato solo qualche mese fa): Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Giappone e Canada hanno sigillato la non negoziabilità dell’Accordo di Parigi sul clima e hanno evitato una completa interruzione dei dialoghi con gli USA.
“Poteva essere un G7 della rottura ed invece è stato il G7 del dialogo […] abbiamo lavorato per erigere ponti”, ha commentato Galletti in conclusione della due giorni. Rimane il fatto che gli Stati Uniti non hanno perso occasione per sottolineare il loro completo scollamento dall’azione politica condivisa sui cambiamenti climatici. L’uscita di scena del segretario dell’Epa, Scott Pruitt, a meno di 12 ore dall’inizio del vertice (rimpiazzato da Jane Nishida, funzionario dell’Office of International and Tribal Affairs) ha ribadito il messaggio lanciato dal presidente Donald Trump: gli USA rifiutano qualsiasi impegno condiviso perché “penalizzante” per il paese. Lo stesso slogan che per anni hanno usato i due giganti asiatici– Cina e India – per sottrarsi a qualsiasi responsabilità sulle emissioni di gas serra; per lo meno, lo era prima che le rinnovabili diventassero uno dei settori di sviluppo più attraenti delle due economie.
Una crepa, quella creata da Trump, che caratterizza anche la dichiarazione finale del G7 Ambiente. Il testo è stato condiviso da tutti e sette i paesi ma al capitolo Cambiamenti Climatici è stata aggiunta una postilla:
“Noi gli Stati Uniti d’America continuiamo a dimostrare attraverso l’azione, avendo ridotto la nostra impronta di CO2, come dimostrato dal raggiungimento a livello nazionale dei livelli di CO2 pre-1994. Gli Stati Uniti continueranno a impegnarsi con i partner internazionali chiave in un modo che sia coerente con le nostre priorità nazionali, preservando sia una forte economia che un ambiente salubre. Di conseguenza, noi gli Stati Uniti non aderiamo a queste sezioni del comunicato sul clima e le MDB (Multilateral Development Bank, ossia le banche multilaterali di sviluppo), agendo così rispetto al nostro recente annuncio di ritirarci e cessare immediatamente l’attuazione dell’Accordo di Parigi e gli impegni finanziari associati”.
Tutti d’accordo invece su temi come l’inquinamento marino e l’economia circolare. La dichiarazione annuncia per la prossima riunione del G7, quella sull’efficienza delle risorse che si terrà a novembre in Italia, la definizione di un documento di pianificazione per portar avanti incontri e azioni concrete sul tema. “Siamo determinati – si legge anche – ad attuare ulteriormente l’Action Plan to Combat Marine Litter (APML) del G7 e a chiedere un rafforzamento della coerenza, dell’efficienza e dell’efficacia degli sforzi internazionali esistenti, in particolare per le attività di ricerca e sviluppo, per affrontare i rifiuti marini, tenendo in considerazione i contesti regionali”.
Cosi salva del vertice? Lo spiega la responsabile Energia e Clima del WWF Mariagrazia Midulla: “È molto positivo che sei Paesi e l’Unione Europea del G7 abbiano riconosciuto l’importanza degli attori non statali, dalle città alle aziende riconoscimento reso ancor più rilevante dall’alleanza USA “wearestillin”, costituita da sindaci, governatori, università e aziende che hanno confermato il proprio impegno per l’attuazione di Parigi. Inoltre è interessante anche l’accordo a 7, inclusi gli USA, sul porre fine entro il 2025 dei sussidi ai combustibili fossili “inefficienti” (formula usata dal G20, che il WWF giudica troppo restrittiva) e in generale ai sussidi dannosi per l’ambiente, sul varare riforme fiscali in senso ecologico e sul cogliere le opportunità della transizione energetica anche in termini di occupazione, attutendone l’impatto sociale: è quello che chiede anche il WWF, con tante organizzazioni sindacali, ambientali e di sviluppo, parlando di ‘transizione giusta’”