Ormai le autorità nipponiche sono state costrette ad ammetterlo: i costi supereranno i 20mila mld di yen (170 mld di euro). In parte li pagheranno i giapponesi nelle bollette della luce
(Rinnovabili.it) – La gestione dell’incidente nucleare di Fukushima da parte della Tepco, azienda che gestisce i reattori, può essere riassunta in una striscia di fallimenti ed errori lunga più di 5 anni. Ed è sempre stato un segreto di Pulcinella che i costi del decommissioning sarebbero lievitati a dismisura. Adesso, finalmente, arriva anche l’ammissione ufficiale. Le autorità nipponiche ieri hanno annunciato che il costo delle compensazioni e della messa in sicurezza dell’impianto è raddoppiato rispetto alle stime precedenti, superando i 20mila miliardi di yen (quasi 170 miliardi di euro).
Il ministero del Commercio, nel 2013, aveva stimato l’esborso totale a 92 miliardi. La cifra comprendeva 45 mld di euro per le compensazioni, 21 mld per le operazioni di decontaminazione dell’area, 9 mld per una struttura provvisoria adibita allo stoccaggio del suolo contaminato e quasi 17 mld per il decommissioning. L’unica voce a restare invariata è lo stoccaggio del suolo, mentre le altre sono state riviste al rialzo. Le compensazioni schizzano a quasi 70 mld, la decontaminazione a 40, mentre resta ancora incalcolabile con certezza il costo del decommissioning. Le autorità, ad ogni modo, parlano di un aumento di diversi miliardi anche in questo caso.
Altro aspetto da non sottovalutare è chi pagherà queste somme astronomiche. La risposta, seguendo voci che si fanno via via più insistenti, è una sola: i cittadini. Il governo starebbe pensando di inserire nelle bollette dell’elettricità questi rialzi. La parte restante invece dovrebbe spettare alla Tepco. Almeno in teoria, perché nella pratica la faccenda è tutt’altro che chiara.
Un mese fa si è affacciata l’ipotesi di smembrare la Tepco in due per evitarne il fallimento. In pratica, l’idea sarebbe quella di creare una bad company che si accolli tutti i debiti e che iscriva a bilancio i costi spropositati della gestione dell’incidente di Fukushima. L’altra, la good company, potrebbe continuare a operare. Ma, come spesso accade, alla fine i costi imputati alle bad companies finiscono sulle spalle dei cittadini. Se così fosse, i giapponesi sarebbero costretti a pagare l’intero importo, in modo più o meno occulto.