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UE: i dubbi sull’efficacia della riforma dell’ETS

Secondo due istituti di ricerca, i rischi della riforma dell'ETS proposta dalla Commissione Europea sono maggiori dei benefici, e potrebbero far perdere di vista l'obiettivo primario della decarbonizzazione.

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Credits: Gerd Altmann da Pixabay

L’ampliamento dell’ETS al trasporto marittimo, terrestre e al riscaldamento domestico non dovrebbe essere la priorità del Green Deal.

 

(Rinnovabili.it) – Secondo Sitra (fondo finlandese per l’innovazione) e Öko-Institut (centro di ricerca tedesco), la proposta della Commissione Europea di includere nuovi settori nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS) non ridurrà significativamente le emissioni ma potrebbe rischiare di rendere instabile il mercato del carbonio dell’eurozona e il processo di decarbonizzazione del settore energetico.

 

Con l’ampliamento dell’ETS, l’UE cerca di aumentare l’obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2030 portandolo dal 40% ad almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990, con la possibilità di estenderlo al 55%. Nell’ambito del Green Deal, l’estensione del sistema di scambio riguarderebbe soprattutto il settore del trasporto marittimo internazionale, con la possibilità di includere anche il trasporto via terra e il riscaldamento domestico. Tuttavia, secondo i due istituti di ricerca, è possibile che questa proposta non sia adeguata allo scopo della neutralità climatica e che i possibili rischi superino i benefici sperati.

 

Per quanto riguarda il trasporto marittimo internazionale, storicamente gli sforzi ambientali in questo settore sono sempre stati molto limitati, e quindi includerlo nell’ETS potrebbe effettivamente stimolare la riduzione delle emissioni e comportare un beneficio in termini climatici. Ma se l’inclusione del settore marittimo nel meccanismo del sistema di scambio potrebbe rappresentare un miglioramento, secondo i due centri di ricerca non sarebbe sufficiente a riformare l’ETS. Infatti, per raggiungere questo obiettivo bisognerebbe capire se il settore marittimo verrà completamente integrato nell’ETS o se quest’ultimo rimarrà solo un punto di riferimento senza concrete conseguenze regolative, come avviene per l’aviazione. Inoltre, la Commissione Europea dovrà decidere se far rientrare l’estensione del sistema di scambio al settore del trasporto marittimo come punto dell’NDC (il cosiddetto contributo determinato a livello nazionale sulle questioni climatiche) o se sarà trattato separatamente rispetto all’Accordo di Parigi.

 

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Per quanto riguarda il trasporto terrestre, secondo Sitra e Öko-Institut i dati disponibili suggeriscono che le tecnologie per la riduzione delle emissioni in questo settore sono più costose rispetto al settore dell’energia, e questa situazione potrebbe non stimolare la riduzione delle emissioni. La benzina e il diesel, inoltre, sono già tassati negli Stati membri e le quote di emissione avrebbero un impatto trascurabile (solo di pochi centesimi al litro). Questo vorrebbe dire che il settore potrebbe decidere di coprire le spese dovute all’ETS acquistando quote dal mercato, piuttosto che diminuendo le emissioni e pagando, quindi, meno tasse.

 

La situazione per il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici è, dal canto suo, molto simile a quella del trasporto via terra. Il settore del riscaldamento è caratterizzato da una bassa elasticità dei prezzi della domanda, il che significa che un aumento del prezzo del combustibile ha un impatto limitato sulla domanda. In più, molte barriere (anche fisiche) ostacolano l’adozione di misure di riduzione delle emissioni, anche se queste misure porterebbero risparmi sui costi a lungo termine. Ad esempio, i proprietari di appartamenti in condomini potrebbero non essere incentivati ​​a investire individualmente in tecnologie che migliorano l’efficienza energetica dell’intero edificio, anche se ciò sarebbe nel loro interesse collettivo.

 

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Di conseguenza, introdurre il trasporto terrestre o il riscaldamento e il raffreddamento nell’ETS dell’UE non sarebbe probabilmente sufficiente per innescare circoli virtuosi di riduzione delle emissioni. D’altro canto, questa constatazione è riconosciuta dalla stessa Commissione, che suggerisce l’ETS in aggiunta a misure esistenti, non in alternativa.

 

Secondo i due istituti, quindi, bisogna capire quanta priorità dare all’estensione dell’ETS. Secondo le loro analisi, infatti, nel settore dei trasporti via terra sarebbe probabilmente necessaria una quota di produzione per veicoli a emissioni zero e, nel settore del riscaldamento, l’attenzione dovrebbe focalizzarsi su standard di efficienza energetica più ambiziosi e migliori schemi di supporto per il rinnovamento energetico dei vecchi edifici. A loro parere, infatti, concentrarsi troppo sull’estensione dell’ETS rischierebbe di far perdere di vista l’obiettivo primario, ovvero la decarbonizzazione, alimentando un piuttosto un dibattito politico su cifre, limiti e indennità.