Il settore dei trasporti navali è l'unico a non essere soggetto a regolamentazione, dopo che è stata siglata un'intesa per le emissioni dell'aviazione due settimane fa
(Rinnovabili.it) – Serve un piano ambizioso per tagliare le emissioni di CO2 del comparto navale, l’unico settore dei trasporti ancora non soggetto a obiettivi per contrastare i cambiamenti climatici. È il messaggio lanciato da quasi 50 tra compagnie navali e associazioni di categoria alla vigilia dell’importante conferenza che inizierà la settimana prossima a Londra, dal 24 al 28 ottobre. In quella sede si dovrà discutere i tempi e i modi con cui rimettere il settore navale in linea con gli impegni sottoscritti da 195 paesi con l’Accordo di Parigi.
“E’ tempo di riconoscere il ruolo importante che l’industria marittima globale deve giocare nel mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C”, si legge nella lettera recapitata all’International Maritime Organization (IMO) delle Nazioni Unite. Tra i firmatari dell’appello figurano veri e propri colossi come Maersk – la prima compagnia al mondo, che da poco ha cannibalizzato la settima in classifica, la sudcoreana Hanjin, squassata da un fallimento eclatante – e Cargill.
“Ci si aspetta che le emissioni del comparto navale crescano sostanzialmente nei prossimi anni – prosegue la missiva – Per curvare questa traiettoria, i paesi aderenti all’IMO devono dimostrare che possono stare al passo con le ambizioni dell’organo dell’Onu sul clima”, cioè l’UNFCCC sotto i cui auspici è stato siglato l’Accordo di Parigi.
Al momento attuale, le emissioni delle compagnie di navigazione sono stimate in circa 1 miliardo di t di CO2 ogni anno: più alte di quelle dell’aviazione (circa 780 milioni) sulle quali da poco è stata raggiunta un’intesa globale, anche se al ribasso e con molti punti critici. Proprio per questo a Londra è necessario trovare un buon accordo: se non si prova a regolare le navi, le loro emissioni potrebbero crescere fino a diventare il 17% del totale globale nei prossimi tre decenni. Adesso ne rappresentano il 3-4%, abbastanza per avere un’impronta di CO2 pari a quella della Germania.
Dati confermati anche da organizzazioni non governative che monitorano l’impatto ambientale dei trasporti globali. “L’IMO e l’industria devono agire in fretta – rincara la dose l’Ong Transport&Environment – Le emissioni navali cresceranno del 50-250% entro il 2050 se non regolamentate”. L’incontro di Londra ha in agenda anche un tetto massimo globale alle emissioni di SOx, che potrebbe entrare in vigore nel 2020 o nel 2025. Non è un dettaglio secondario, questo, dato che i combustibili impiegati dalle compagnie di navigazione non sono mai stati soggetti ai limiti imposti, ad esempio, al diesel usato nelle auto.