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Emissioni: i costi delle imprese inquinanti scaricati sui consumatori

Bruxelles teme la delocalizzazione e regala quote di emissioni alle imprese inquinanti, che scaricano i costi (mai sostenuti) sul consumatore. Fino al 100%

Emissioni i costi delle imprese inquinanti scaricati sui consumatori

 

(Rinnovabili.it) – Grazie alle politiche di incentivo promosse dalla Commissione europea, le industrie altamente inquinanti stanno facendo profitti senza abbassare le emissioni. Il meccanismo è semplice: scaricano sul consumatore, aumentando il prezzo dei prodotti, il costo delle quote di carbonio che acquisiscono per compensare le emissioni all’interno del sistema ETS (Emission Trading System).

Un sistema comunque imperfetto, ma forse più paritario, si avrebbe nel caso in cui le imprese acquistassero davvero queste quote di carbonio. Peccato che parte di esse venga loro regalata dall’Unione europea, permettendogli di alzare i prezzi dei prodotti senza nemmeno spendere denaro per comprare le quote. In sostanza, l’industria scarica sui consumatori dei costi che non sostiene.

Queste informazioni sono contenute in un atteso rapporto che la Commissione europea ha affidato a due consulenti, CE Delft e Oeko-Institut. La ricerca prende in esame il periodo 2005-2014, e copre sei settori regolamentati dall’ETS: ferro e acciaio, petrolio, cemento, prodotti chimici organici di base, fertilizzanti e vetro. I risultati mostrano come fino al 100% dei costi sia stato riversato sul consumatore da produttori di cemento e acciaio. Conclusioni che mettono in cattiva luce le decisioni della Commissione di mantenere il sistema di quote gratuite per le industrie pesanti nella riforma del mercato del carbonio che dovrebbe partire dopo il 2020. Secondo la proposta di Bruxelles, le assegnazioni gratuite dovrebbero estendersi fino al 2030.

 

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Dal 2013, l’ETS costringe le compagnie energetiche a dotarsi delle quote di carbonio necessarie per conformarsi ad un regolamento comunitario che prevede tetti alle emissioni. Tuttavia, la maggior parte di queste quote vengono loro fornite gratuitamente, perché si tratta di imprese considerate vulnerabili al fenomeno del carbon leakage, cioè alla delocalizzazione delle attività maggiormente climalteranti in risposta a politiche restrittive varate dall’Unione. Il problema è che, regalando a queste compagnie le quote di emissioni, esse potranno anche mantenere la produzione sul suolo europeo, ma guadagnano miliardi sulle spalle dei consumatori caricando i prezzi finali di un costo del carbonio che non sostengono.

Anche nel caso in cui toccasse loro pagare per inquinare, il prezzo attuale di una tonnellata di CO2 è pari a circa 7 euro. Cifra ridicola che ha minato il funzionamento del mercato del carbonio europeo fin dalla sua nascita, nel 2005. La Commissione ha dovuto rimettere mano alla legislazione del settore, pressata anche dagli obiettivi climatici per il 2030. Ha intenzione di ridurre il loro numero a disposizione del sistema: saranno, secondo Bruxelles, 15.5 miliardi di quote per un valore stimato di 387.5 miliardi di euro, se verrà fissato il prezzo proposto di 25 euro l’una. Le assegnazioni saranno così suddivise: il 57% ai governi, che le metteranno all’asta, e il 43% in regalo all’industria, utilizzabili nel mercato per il periodo 2021-2030.