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EEA: agricoltura e allevamento rischiano di sparire dal Sud Europa

Secondo la European Environment Agency, a causa del cambiamento climatico colture come grano, mais e barbabietola da zucchero diminuiranno del 50% entro il 2050 nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

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Balle di fieno in Toscana – Credit michael_schueller / Pixabay

Attualmente, agricoltura e allevamento offrono lavoro a 22 milioni di europei

 

(Rinnovabili.it) – Agricoltura e allevamento rischiano di scomparire dal sud dell’Europa a causa del cambiamento climatico: è quanto si evince dall’ultimo report della European Environment Agency (EEA).

 

Secondo lo studio dell’EEA, il ricorrere di eventi climatici estremi, l’aumento delle temperature, che negli scorsi mesi ha portato buona parte dei Paesi del centro e del sud Europa a registrare nuovi record assoluti, e l’aumento nell’incidenza di periodi di siccità potrebbero causare un calo del 50% di colture non irrigate come grano, mais e barbabietola da zucchero entro il 2050. Uno scenario che porterebbe alla perdita di valore (commerciale e sociale) per le terre agricole e al loro progressivo abbandono entro il 2100.

 

Il settore agricolo impiega direttamente circa 22 milioni di cittadini europei (che diventano 44 milioni se si considera anche i posti di lavoro della connessa industria alimentare). Il 40% del territorio Ue è coperto da terreni agricoli, in buona parte distribuiti proprio nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (Italia e Spagna in primis). Grazie a condizioni climatiche favorevoli, il settore agricolo ha continuato a crescere negli ultimi decenni tuttavia, come riporta anche il recente report dell’IPCC sull’uso intensivo del territorio, resta uno dei comparti più esposti al cambiamento climatico.

 

Allo stesso tempo, agricoltura e allevamento sono tra i maggiori responsabili di emissioni di gas serra: nonostante i livelli siano ampiamente calati rispetto ai primi anni ’90 (-22% di GHG tra il 1990 e il 2016), le emissioni del settore agricolo rappresentano ad oggi il 10% del totale dell’Unione europea. In particolare, il comparto agricolo è il maggior responsabile dell’emissione di gas serra diversi dal diossido di carbonio con quelle derivanti dalla fermentazione enterica che costituiscono la quota maggiore (38%) di tutte le emissioni di gas a effetto serra del settore.

 

Il report spiega come l’aumento delle temperature medie globali e della concentrazione di CO2 nell’atmosfera porteranno probabilmente a un’allungamento della stagione di crescita delle piante nel Nord Europa, ma sostiene anche che gli effetti positivi del cambiamento climatico verranno soverchiati da quelli negativi, in particolare nel Sud del vecchio continente dove la perdita di valore delle terre dovrebbe portare a una diminuzione dell’80% dei terreni coltivati entro fine secolo e quindi a un sostanziale abbandono del comparto in regioni storicamente dipendenti proprio dall’agricoltura.

 

Uno scenario che non comprometterebbe la sicurezza alimentare in Europa, ma che comporterebbe l’aumento dei costi di produzione e soprattutto quelli di consumo data la sproporzione tra domanda e offerta.

 

Il report dell’EEA ribadisce l’importanza di seguire le strategie di adattamento delineate dall’Ue e in particolare quelle sviluppate nell’ambito della Politica Agricola Comune (CAP). Al di là degli schemi internazionali, tuttavia, gli esperti dell’EEA sottolineano l’esigenza di cambiamenti significativi sia a livello produttivo (dove andrebbe limitato l’uso dei fertilizzanti e migliorata la gestione degli animali) che di consumo (con un invito esplicito a modificare le diete alimentari riducendo il consumo di carne e gli sprechi), oltre a una maggiore attenzione alla formazione e all’informazione ai singoli agricoltori di best practice e nuove tecniche.

 

Le strategie d’adattamento elaborate dall’Ue spesso non vengono recepite a livello capillare a causa della mancanza di finanziamenti, del sostegno politico, della capacità istituzionale e dell’accesso al know-how dell’adattamento. La relazione dell’EEA sottolinea la necessità di ulteriori conoscenze, innovazione e sensibilizzazione per migliorare l’uso efficace delle misure di adattamento già disponibili, come l’introduzione di colture adattate, tecniche di irrigazione migliorate, margini di campo e agroforestria, diversificazione delle colture o agricoltura di precisione.

 

Uno sforzo su due fronti, quello macro delle politiche comunitarie e quello micro delle singole aziende agricole, per rendere il settore resiliente e adattivo al cambiamento climatico, conservare milioni di posti di lavoro e preservare un comparto storicamente radicato proprio nel Sud Europa.