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Disastri naturali: 20 milioni di migranti nel 2014

Nel rapporto annuale che censisce i migranti dei disastri naturali, si parla anche di cambiamento climatico come acceleratore delle catastrofi future

Disastri naturali 20 milioni di migranti nel 2014

 

(Rinnovabili.it) – Quasi 20 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case a seguito di inondazioni, tempeste e terremoti nel 2014: circa 62mila migranti al giorno. È un problema, quello dei disastri naturali, che rischia di aggravarsi a causa del cambiamento climatico. Ma anche è un problema che potrebbe essere ridimensionato, se soltanto si costruisse con maggiori accorgimenti e criteri più restrittivi. Così conclude il rapporto del Consiglio norvegese per i rifugiati, che ha rilasciato il rapporto “Global Estimates 2015 – People Displaced by Disasters”.

Il testo spiega che proviene dall’Asia, continente particolarmente soggetto ai disastri naturali, quasi il 90% dei 19.3 milioni di sfollati nel 2014. I tifoni in Cina e nelle Filippine e le inondazioni in India, sono all’origine di queste migrazioni forzate di massa. Solo 1.7 milioni di persone hanno dovuto lasciare la propria terra a causa di eventi legati alla geologia: il motore delle migrazioni sono gli eventi meteorologici.

 

disastri naturali sfollati

 

«Il problema dei profughi legati alle catastrofi minaccia di peggiorare nei prossimi decenni», ha detto Alfredo Zamudio, direttore dell’Internal Displacement Monitoring Centre del Consiglio.

Secondo il rapporto, dal 2008 sono in media 26,5 milioni le persone migranti ogni anno a causa delle calamità, e anche se nel 2014 il numero è più basso, i dati del Consiglio per i rifugiati norvegese individuano comunque una crescita nel lungo termine.

«La nostra analisi storica rivela che oggi vi è il 60% di probabilità in più di essere costretto a emigrare a causa delle calamità rispetto al 1970 – ha dichiarato Zamudio – Il cambiamento climatico è destinato a svolgere un ruolo forte in futuro, aumentando la frequenza e l’intensità di tali pericoli».

 

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Oltre agli eventi climatici estremi in rapida crescita, il report nota che gli insediamenti costruiti in zone vulnerabili ai disastri naturali stanno mettendo a rischio sempre più persone. Veri e propri episodi di devastazione potrebbero colpire le aree intorno a megalopoli fatiscenti come Città del Messico, Mumbai, Karachi e Port-au-Prince.

L’unica carta da giocarsi è la prevenzione. Eventi meteorologici estremi hanno investito Haiti e Cuba con risultati diversi, nota William Lacy Swing, direttore generale dell’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che ha raccolto i dati per il report. Più di 300 mila persone sono morte nel terremoto del 2010 ad Haiti, 60 mila ancora oggi vivono ancora nelle tende. Invece, «Cuba è molto ben preparata per affrontare i disastri: uragani, tifoni, qualunque cosa. Hanno un sistema di accoglienza e di informazione pubblica, tutti sanno cosa fare quando arriva la calamità», ha spiegato Swing.

 

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Tuttavia, non sono soltanto i Paesi poveri a patire le conseguenze degli eventi estremi: il caso più eclatante riguarda il Giappone, dove circa 230 mila persone ancora oggi non possono tornare a casa per gli effetti del mix di terremoto e tsunami che nel 2011 ha portato al cataclisma di Fukushima. Dopo il passaggio dell’uragano Sandy (2012), inoltre, più di 50 mila persone negli Stati Uniti hanno ancora bisogno di assistenza abitativa.

La maggioranza delle persone in fuga dalle calamità rimane all’interno del proprio Paese, ma anche qui si trova talvolta ad affrontare un crescente sentimento xenofobo, soprattutto nel mondo sviluppato.