Il degrado del terreno, assieme all'impatto dei cambiamenti climatici, costringerà 50-700 milioni di persone a migrare, aumentando l'instabilità sociale e danneggiando in maniera irreversibile i servizi ecosistemici
Il degrado del suolo sta spingendo il Pianeta verso la 6a estinzione di massa
(Rinnovabili.it) – Il degrado del suolo minaccia il benessere di due quinti della popolazione mondiale. Mai come in questi anni, agricoltura intensiva, deforestazione, urbanizzazione e inquinamento stanno mettendo alla prova la produttività del territorio e la sua capacità di mantenere in funzione servizi ecosistemici fondamentali per il Pianeta. Le Nazioni Unite tornano oggi sull’argomento, a pochi mesi dal lancio del Global Land Outlook, per innovare un grido d’allarme fin’ora inascoltato: è necessario fermare subito la distruzione del territorio.
E lo fa dalle pagine della prima valutazione globale sul degrado del suolo. Il rapporto è stato redatto dalla Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) e presentato lunedì 26 marzo a Medellín, in Colombia. È il frutto di ben tre anni di lavoro da parte di oltre 100 scienziati e mira a fornire dati puntuali su una minaccia meno nota rispetto al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, ma strettamente connessa ad entrambe e già oggi responsabile di forti ripercussioni a livello economico e sociale.
Attualmente, infatti, la crisi del suolo colpisce circa 3,3 miliardi di persone, costando al mondo addirittura il 10 per cento del PIL globale. Il Global Land Outlook aveva fornito le prime stime: le pressioni antropiche stanno mandando in fumo 24 miliardi di tonnellate di terreno fertile l’anno. Senza misure correttive la situazione è destinata a precipitare. “Man mano che la terra diminuisce e le popolazioni aumentano, questo problema diventerà sempre più difficile da risolvere”, spiega Robert Scholes, co-presidente della valutazione IPBES assieme al dott. Luca Montanarella.
Gli scienziati avevano già puntato il dito contro il responsabile principale, ossia il settore agricolo che, tra pratiche insostenibili, colture intensive e land grabbing, sta accelerando fenomeni di desertificazione e improduttività. A fine 2014, oltre 1,5 miliardi di ettari di ecosistemi naturali risultavano convertiti in terre coltivabili e oggi campi e pascoli coprono ora più di un terzo della superficie terrestre. Ma il documento della piattaforma ONU va oltre, portando sotto i riflettori su i fattori antropici dannosi.
Meno del 25% della superficie terrestre è sfuggito ai danni dell’attività umana e per il 2050, gli esperti IPBES stimano che questo valore sarà sceso sotto il 10%. Il rapporto afferma che l’aumento della domanda alimentare e di biocarburanti porterà probabilmente a una continua crescita degli apporti di sostanze nutritive e chimiche e uno spostamento verso sistemi di produzione zootecnica industrializzati, raddoppiando l’uso di pesticidi e fertilizzanti entro il 2050. Un attacco su tutti i fronti che, aggiunge Scholes, “sta spingendo il pianeta verso una sesta estinzione di massa”.
Non solo. “Tra poco più di tre decenni, si stima che 4 miliardi di persone vivranno in terre siccitose”, conclude Scholes. “A quel punto è probabile che il degrado della terreno, insieme ai problemi strettamente correlati dei cambiamenti climatici, costringerà 50-700 milioni di persone a migrare. Inoltre, la diminuzione della produttività del suolo rende le società più vulnerabili all’instabilità sociale, in particolare nelle zone aride, dove anni con precipitazioni estremamente basse sono stati associati a un aumento fino al 45% in conflitti violenti”.