Carbone e petrolio giù rispettivamente del 2.5% e del 3.8% dopo le accuse di responsabilità nell'inquinamento delle città cinesi
(Rinnovabili.it) – È polemica in Cina per “Under the dome” (“Sotto la cupola”), il documentario sull’inquinamento atmosferico in Cina dell’ex presentatrice di Cctv, Chai Jing. Il film ha riscosso un successo di pubblico letteralmente immane, con 150 milioni di contatti tra sabato e lunedì. Yoku, l’equivalente cinese di Youtube, è stato preso letteralmente d’assalto dagli utenti che hanno cliccato il video di 100 minuti. La giornalista, nel filmato, accusa anche i due maggiori gruppi del petrolio cinesi, China National Petroleum Corporation (Cnpc) e Sinopec, di aver chiuso in soffitta la responsabilità sociale e avere minacciato un aumento dei prezzi dei prodotti raffinati quando il governo ha chiesto di migliorare la qualità dei carburanti.
La ricaduta pubblica di “Under the dome” ha scosso anche i mercati: nucleare e fotovoltaico hanno visto crescere le proprie quotazioni (record del 30% per Hanergy, che produce pannelli solari a film sottile), mentre carbone e petrolio hanno subìto tonfi non da poco. Il gigante del carbone cinese, Shenhua, ha registrato perdite del 2,5%. In calo del 3,8% PetroChina, l’unità quotata di Cnpc.
I colossi del fossile hanno prontamente replicato, con l’appoggio del governo. La Commissione per la Standardizzazione dell’Industria Petrolifera Cinese ha risposto ieri, data di inizio della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese. Per bocca del suo portavoce, Cao Xianghong, ha definito «sbagliata» l’accusa della giornalista, e sostenuto affermato che il settore sta migliorando la qualità dei derivati del petrolio da 15 anni. Anche la stessa Cnpc ha puntato il dito contro il documentario, dichiarando che la ex presentatrice ha confuso gli spettatori dando la colpa dello smog nelle grandi città cinesi ai gas di scarico delle auto invece che alle emissioni di CO2. «Come è possibile – si chiede l’azienda – che le imprese statali cinesi facciano la figura di fuorilegge?».
Il racconto di Chai Jing è la storia della sua presa di coscienza. Da donna non particolarmente interessata all’inquinamento atmosferico, ne ha scoperto gli effetti devastanti quando ha saputo che la bimba che portava in grembo aveva un tumore. A quel punto, il suo mondo è cambiato. La figlia, una volta nata, avrebbe dovuto respirare, mangiare e bere in Cina, e in ciascuna di queste azioni vitali avrebbe introdotto inquinanti nocivi nel suo sistema.
Con queste premesse, Chai Jing ha accusato il governo e le autorità ambientali di debolezza e incapacità di migliorare la qualità della vita dei cinesi, e le aziende di non volersi riconvertire per l’attaccamento ai profitti.
Il ministro dell’Ambiente cinese ha paragonato il filmato al libro che ha dato avvio (era il 1962) al movimento ambientalista occidentale: “Primavera silenziosa”, di Rachel Carson.
Secondo Greenpeace il documentario e il dibattito pubblico che ha generato potrebbero aiutare il ministero dell’Ambiente a trovare le risorse necessarie per implementare una nuova dura legge di tutela ambientale, che imponga sanzioni per gli inquinatori. Ma restano troppe radici marce nella struttura industriale e nel modello economico del Paese. Innanzitutto la forte dipendenza dal carbone, e poi la crescita esponenziale delle automobili, dato che confuta le repliche della Cnpc.