Fumata bianca per la Lima Call for Climate Action: tutti i governi dovranno presentare i piani nazionali per frenare le emissioni entro il 31 marzo 2015. Ma il vero lavoro deve ancora arrivare
(Rinnovabili.it) – La strada per Parigi 2015 è stata aperta. Alle 2 del mattino (ora del Perù) e dopo quasi 48 ore di straordinari, le oltre 180 parti della COP20 sui Cambiamenti climatici, hanno adottato l’accordo di Lima, – ufficialmente battezzato come la Lima Call for Climate Action – fondamenta strutturali dell’intesa internazionale che dovrà essere siglata il prossimo anno. La svolta c’è stata, impossibile negarlo: per la prima volta il vertice dell’Unfccc ha ottenuto il consenso di tutte le economie, sia già affermate che in via di sviluppo, ad accettare obblighi di riduzione dei gas serra, compiendo il primo reale passo in avanti in ben 17 anni, ovvero dalla sottoscrizione del Protocollo di Kyoto (che impegnava nell’azione climatica solo i paesi ricchi).
“I governi sono arrivati a Lima su una ondata di notizie positive e ottimismo derivante dagli annunci della nuova azione climatica dell’Unione europea, degli accordi tra Cina e Stati Uniti e gli impegni per il Fondo verde per il clima”, ha commentato Christiana Figueres, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
“Lasciano Lima su una nuova ondata di positività in direzione di Parigi, con una serie di decisioni importanti e un’agenda d’azioni, tra cui le modalità per migliorare l’adattamento e l’istruzione climatica”.
Ma a dirla tutta, nonostante la soddisfazione post vertice espressa dai delegati, si tratta di fondamenta piuttosto instabili, che rimandano il vero lavoro negoziale ai mesi futuri; a conti fatti, il testo finale, arrivato dopo due settimane di intesi colloqui, dimostra ancora una volta il poco coraggio d’osare.
Il più importante punto stabilito nella Lima Call for Climate Action è che tutti i governi dovranno presentare i rispettivi piani nazionali per frenare le emissioni di gas serra entro il termine informale del 31 marzo 2015. In altre parole, per riuscire nell’impresa di impegnare, per la prima volta in assoluto, tutte le Parti della Convenzione nel taglio delle emissioni, si è lasciata la completa libertà d’azione: ogni nazione sceglierà in piena autonomia l’impegno climatico da raggiungere. Ovviamente le Nazioni Unite dovrebbero soppesare tali contributi, noti anche come Intended Nationally Determined Contributions (INDCs), e stabilire se l’azione collettiva sarà o meno sufficiente a limitare il riscaldamento a 2° C rispetto ai livelli pre-industriali.
E il cauto ottimismo che aveva accompagnato le settimane precedenti al vertice Onu, si è spento in fretta e come sottolinea oggi il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza: “La Conferenza di Lima è terminata con una pericolosa battuta d’arresto nei negoziati sul clima. Nessun significativo passo in avanti è stato fatto con la decisione adottata oggi, rischiando così di compromettere l’esito della Conferenza di Parigi, dove il prossimo dicembre i governi sono chiamati a sottoscrivere il nuovo accordo globale sul clima”.
Qualche piccolo progresso lo si è compiuto invece sul fronte dell’adattamento, finalmente portato dalle Parti allo stesso livello d’azione della riduzione delle emissioni. “Lima – spiega Manuel Pulgar-Vidal, ministro dell’Ambiente peruviano e presidente di questa COP20 – ha imposto una nuova urgenza verso il finanziamento Fast Track per l’adattamento e resilienza, anche attraverso il rafforzamento del legame tra finanza e lo sviluppo di piani di adattamento nazionali”. La conferenza sul clima di Lima ha portato a casa anche altri risultati, tra cui le promesse fatte prima e durante il vertice per la capitalizzazione dei primi 10 miliardi di dollari del Green Climate Fund (GCF) che ha addirittura superato il target iniziale di ben 200 milioni; e la “Lima Ministerial Declaration on Education and Awareness-raising call” con cui si chiede di inserire il climate change nei programmi scolastici e la consapevolezza dei nuovi problemi climatici nei piani di sviluppo nazionali.
Nel settore delle finanze, gli Stati hanno inoltre deciso di aumentare la trasparenza dei flussi finanziari privati e pubblici destinati al clima. Alla Cop20 peruviana va anche il merito d’aver avviato il Lima Information Hub, una banca dati che raccoglierà da oggi in poi i risultati ottenuti dai piani strategici nazionali al fine di assicurare una maggiore trasparenza nel processo. In questo contesto si colloca anche il primo Multilateral Assessment (MA), strumento di valutazione, rendicontazione e verifica delle riduzioni delle emissioni nel quadro dell’Unfccc a seguito delle decisioni prese nelle precedenti COP di Cancun, Durban e Doha. Ed è sempre in linea con l’obiettivo trasparenza, il portale lanciato dal governo peruviano – il Nazca Climate Action Portal – per aumentare la visibilità del patrimonio di azione per il clima tra città, regioni, imprese e investitori. Basterà questo per salvare il Pianeta?