Il governo annuncia un -3,7% rispetto al 2014. Sarebbe il secondo anno consecutivo che il Paese brucia meno carbone. Ma in passato ha fornito dati falsi
(Rinnovabili.it) – Il consumo di carbone della Cina cala per il secondo anno consecutivo, secondo i dati diffusi oggi dal governo. Il più grande inquinatore del mondo assicura dunque di aver imboccato un trend che porterà ad una lenta, faticosa ma indispensabile transizione energetica. Il carbone bruciato dai cinesi nel 2015 sarebbe il 3,7% in meno rispetto al 2014, anno in cui era stato annunciato un calo del 2,9% sul 2013.
Ma le cifre, diffuse dal National Bureau of Statistics (NBS), hanno ricevuto una accoglienza tiepida da parte di molti osservatori. Innanzitutto, non viene indicato un totale ma soltanto una misura percentuale. E poi è ancora nitida, nella memoria di tutti, l’ultima denuncia del New York Times, che a novembre ha scoperto che il consumo di carbone in Cina è sottostimato dal 2000 e soprattutto negli ultimi anni. Rispetto a quanto dichiarato per il 2013, il Paese avrebbe consumato il 17% in più (4,2 miliardi di tonnellate in totale).
Difficile per questo fare affidamento sui dati parziali diffusi da agenzie governative inaffidabili e impermeabili a verifiche esterne. Le statistiche diffuse oggi, per dare qualche altro numero, sostengono che il carbone è sceso al 64% del mix energetico energetiche del Paese lo scorso anno. Nel 2014 valeva il 66% del totale.
Il governo prevede di licenziare circa 1,8 milioni di lavoratori delle industrie dell’acciaio e del carbone. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha detto che le emissioni di CO2 del Paese raggiungeranno il picco intorno al 2030. Il Consiglio di Stato ha anche annunciato piani per ridurre del 60% le emissioni dei “principali inquinanti” provenienti dalle centrali termoelettriche entro il 2020.
Nonostante i cali dichiarati, tuttavia, molte città cinesi sono ancora coperte di smog tossico, in gran parte sprigionato dalle ciminiere dell’industria pesante. Quasi 300 città, in Cina, non sono riuscite a soddisfare gli standard nazionali di qualità dell’aria lo scorso anno: lo ha calcolato un rapporto di Greenpeace.