Finanziato nell'ambito del programma europeo ENI CBC MED, il progetto COMMON (con capofila l'Università di Siena) intende sperimentare approcci integrati e partecipativi per il monitoraggio e la gestione della crisi dei rifiuti nel mar Mediterraneo. In Italia, saranno coinvolte la Maremma e la Puglia
Finanziato con 2,2 milioni di euro, COMMON si avvale dei principi della gestione integrata per salvare le coste del Mediterraneo
(Rinnovabili.it) – Ieri è stato presentato a Roma il progetto COMMON (Coastal Management and Monitoring Network for tackling marine litter in Mediterranean sea) per la gestione integrata dei rifiuti marini in cinque aree pilota della costa italiana, tunisina e libanese. Il progetto, finanziato dall’Unione Europa con 2,2 milioni di euro nell’ambito del programma ENI CBC MED, coinvolge Legambiente, l’Università di Siena, l’Istituto nazionale di scienze e tecnologie del mare di Tunisi, l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, l’ong libanese Amwaj of the environment, l’Università di Sousse e la riserva naturale di Tyre in Libano.
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L’obiettivo di COMMON è la riduzione della spazzatura marina attraverso l’uso dei principi della Gestione integrata delle zone costiere (Gizc), vale a dire attivando un processo interdisciplinare e interattivo che va dalla raccolta di informazioni, alla pianificazione, all’assunzione di decisioni e, quindi, arriva ai modelli di gestione e monitoraggio dell’attuazione. La gestione integrata si avvale di un approccio partecipativo che coinvolga le parti interessate e le comunità locali, equilibrando così le potenzialità e i bisogni ambientali, economici, sociali, culturali e ricreativi (es. turismo). Il termine ‘integrato’, inoltre, implica l’integrazione di tutte le politiche dei diversi settori coinvolti e dell’amministrazione a tutti i suoi livelli.
COMMON, dunque, non si limiterà al trasferimento di informazioni per migliorare la consapevolezza sul fenomeno dei rifiuti marini, ma svilupperà attività di formazione e capacity building indirizzate alle autorità locali e regionali, alle Aree Marine Protette, ai centri di recupero delle tartarughe marine e ai cittadini in generale. Attiverà campagne di sensibilizzazione e progetti di networking, coinvolgerà comunità e operatori economici locali nell’integrazione della gestione e dello smaltimento dei rifiuti marini. Inoltre, il progetto darà il via ad attività per il campionamento di specie ittiche in collaborazione con i pescatori locali, ed eseguirà indagini eco-tossicologiche nelle specie commestibili. Le attività di monitoraggio faciliteranno l’identificazione delle fonti di marine litter al fine di progettare azioni di mitigazione efficaci nelle aree coinvolte, valutarne l’impatto sulla biodiversità e sviluppare strategie efficaci per preservarla.
I progetti pilota riguarderanno, per l’Italia, la Maremma e la Puglia, per la Tunisia, le Isole Kuriate e Monastir e, per il Libano, la riserva naturale di Tyre.
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Durante l’incontro di presentazione di ieri, Maria Cristina Fossi, docente dell’università di Siena, ha sottolineato che “la crescente urgenza e complessità delle sfide sociali interconnesse, come il marine litter, richiede che vengano affrontate attraverso il rafforzamento dell’interfaccia scienza, politica e società per fornire le condizioni necessarie a tradurre le conoscenze basate sulla ricerca in azioni efficaci. Inoltre, l’impatto dei rifiuti ingeriti dagli organismi marini dovrebbe essere valutato attraverso un monitoraggio integrato, sia sulle specie commerciali che in quelle protette”.