Allarme ONU a due mesi e mezzo dalla COP 21. Gli impegni della comunità internazionale sul clima non basteranno a salvarci dalla catastrofe
(Rinnovabili.it) – Gli impegni sul clima fino ad oggi presentati in vista della COP 21 di Parigi ci porteranno ad un aumento delle temperature globali pari a 3 °C entro il 2100. Una soglia inaccettabile, secondo il segretario esecutivo delle Nazioni Unite, Cristiana Figueres. Fino ad oggi, solo 62 nazioni hanno rilasciato i loro INDCs (Intended Nationally Determined Contrbutions), cioè i piani per la riduzione delle emissioni che dovranno formare la base di un nuovo accordo per l’approccio al cambiamento climatico durante la conferenza di Parigi. I Paesi che hanno depositato gli impegni “pesano” sul totale delle emissioni di CO2 mondiali per il 70%.
Per tirare le somme e mettere pressione ai ritardatari, l’ONU ha annunciato che pubblicherà un report entro il 1 novembre, anche se le avvisaglie lanciate in questi ultimi mesi vanno in una direzione chiara, che la relazione non potrà che confermare: le promesse dei Paesi UNFCCC sono insufficienti, e i governi stanno letteralmente giocando con il fuoco.
Consapevoli dei continui fallimenti nei vertici sul cambiamento climatico, ONU e Unione europea stanno tentando di sottolineare che Parigi non è un punto d’arrivo obbligatorio, ma soltanto un passo verso una direzione che comunque è stata imboccata. Christiana Figueres ha detto ai reporter, riuniti a Bruxelles, che spera sia «trasparentemente chiaro» un fatto: gli INDCs non metteranno magicamente il mondo sul binario dei 2 °C rispetto ai trend attuali, che prevedono una crescita di 4-5 °C entro fine secolo.
«Ciò che fanno gli INDCs è segnare uno spostamento molto consistente da uno scenario business as usual», ha detto.
Intanto, nell’Unione europea infuria una battaglia politica sul clima. L’Europa è stato il primo blocco economico a presentare il suo impegno, che è anche il più ambizioso, sebbene non richieda sforzi sovrumani alle nostre economie. Tuttavia, le operazioni di lobbying di Paesi come la Polonia, fortemente dipendenti dal carbone, si stanno intensificando. Accade sempre in occasione dei vertici sul clima, e anche questa volta le proposte tendono a mantenere lo status quo. Infatti, Varsavia spinge per una visione a lungo termine della carbon neutrality a livello globale: in parole povere, chiede che venga ammessa una riduzione delle emissioni nazionali attraverso interventi realizzati fuori dall’Europa e attraverso strumenti tecnologici, piuttosto che dover organizzare una transizione interna verso combustibili meno inquinanti. Così, il governo spera di cavarsela con interventi di riforestazione in qualche altra parte del mondo, finanziando progetti di sequestro della CO2 o acquistando crediti di carbonio.