L'Effort Sharing Regulation servirà all'Unione Europea per ridurre l'impatto sul clima di alcuni settori strategici. Ma gli stati membri sono d'accordo?
Momento cruciale per l’approvazione di un importante norma sul clima
(Rinnovabili.it) – Tra il dire e il fare c’è di mezzo il 7% di emissioni, se domani alla riunione dei ministri dell’Ambiente europei verranno accettate le scappatoie normative inserite nel prossimo regolamento UE sul clima.
Nel linguaggio tecnico vengono chiamate “flessibilità”, ma sono a tutti gli effetti delle mine che possono far deragliare le buone intenzioni sancite dall’Accordo di Parigi. All’Europa serviva un piano per ridurre le emissioni climalteranti di tutti quei settori non inclusi nel mercato del carbonio (ETS), cioè piccola industria, trasporti, edilizia, agricoltura e gestione dei rifiuti, che complessivamente coprono il 60% della CO2 dispersa in atmosfera dai paesi dell’Unione.
Così è nato l’Effort Sharing Regulation, la strategia che punta a raggiungere un taglio di emissioni del 30% nel decennio 2020-2030, per contribuire all’impegno di ridurre l’ammontare complessivo dei gas serra europei del 40% entro il 2030 (rispetto al 1990).
>> Leggi anche: Italia e Polonia unite nel sabotare la legge UE sulle emissioni <<
Dopo una serie di rimpalli, la bozza arriverà domani sul tavolo dei Ministri dell’Ambiente, riuniti a Lussemburgo. Ma nelle varie fasi della costruzione, il testo è stato pesantemente osteggiato dagli stati membri. Di certo è qualcosa che ci si aspettava dalla Polonia, ma non dall’Italia, che invece ha combattuto a fianco dei “carbonai” di Varsavia per inserire le famose “flessibilità” nel regolamento.
«Già a Parigi gli stati membri hanno riconosciuto che gli impegni dell’UE non erano sufficienti per raggiungere l’obiettivo dei 2 °C – ha dichiarato Wendel Trio, direttore della ONG Climate Action Network Europe – Quindi è abbastanza sorprendente vedere come ora stiano cercando di ridurre i loro sforzi».
Le scappatoie individuate dalla ONG consistono in una proposta della Commissione Europea di adottare le emissioni medie annue degli anni 2016-2018 come punto di partenza per calcolare lo sforzo di riduzione per il periodo 2021-2030. Secondo gli attivisti, l’UE dovrebbe invece basare i suoi calcoli sugli obiettivi climatici del 2020 anche se alcuni paesi non avranno centrato il proprio target. Altri buchi normativi inclusi nella proposta includono la possibilità di utilizzare le quote di carbonio inutilizzate nel periodo pre-2020 per ammorbidire impegni troppo stringenti, oppure fare affidamento sui crediti forestali e i permessi in surplus ottenuti sul mercato del carbonio per compensare le emissioni di settori come i trasporti o l’edilizia.
La Germania, che ospiterà i prossimi negoziati sul clima della COP23, spinge per evitare questi giochetti. Resta da vedere se domani riuscirà a vincere la sua partita.