Il Cefic, Consiglio europeo delle federazioni dell’industria chimica, sta tentando di depotenziare i messaggi sul clima da parte delle grandi aziende
(Rinnovabili.it) – I lobbisti dell’industria chimica scaldano i muscoli per arrivare a dicembre in forma smagliante, in modo da dare il meglio per abbattere qualsiasi accordo sul clima che comporti loro svantaggi economici.
A 200 giorni dall’avvio dei negoziati della COP 21, mercoledì e giovedì (20-21 maggio) andrà in scena il Paris Business and Climate Summit, un vertice sulle tematiche del clima presso la sede Unesco nella capitale francese. La location è importante, e le lobby lo sanno bene. L’incontro si propone di mostrare ai politici che molte aziende sostengono fortemente l’azione globale in materia di cambiamento climatico, e vogliono veder uscire dal negoziato in seno all’ONU un ambizioso accordo internazionale.
L’evento di mercoledì e giovedì è sponsorizzato da parecchi gruppi industriali, e porterà sul palcoscenico relatori di alto profilo, come i vertici di Nestlé, BP, BNP Paribas, Veolia, Carrefour. Accanto a loro, siederanno i ministri dell’ambiente di molti Paesi: dalla Francia padrona di casa al Bangladesh, dall’Olanda, al Canada, dal Marocco al Perù.
La strategia anti clima della chimica europea
In questo quadro, il comitato editoriale del vertice, composto da organizzatori e sponsor, ha messo insieme un documento di tre pagine che racchiude le linee guida da consegnare alle aziende partecipanti, in modo da uniformare il linguaggio dei loro messaggi mediatici. E qui emerge il ruolo del Cefic, il Consiglio europeo delle federazioni dell’industria chimica, nel tentare di creare messaggi ambigui che diano forma ad una posizione dell’industria in grado di influenzare negativamente la COP 21. Il direttore esecutivo del Consiglio, William Garcia, avrebbe chiesto una serie di modifiche alle linee guida proposte, con l’intenzione di annacquare i paragrafi sul prezzo del carbonio e gli obiettivi climatici post 2020 sulla riduzione di gas serra (gli INDCs).
Il quotidiano on line BusinessGreen ha visto le email in cui il numero uno del Cefic proponeva di chiedere impegni di riduzione della CO2 tenendo conto della «competitività nazionale e globale», che equivale a dire: «Non intralciate il nostro business con i vostri accordi sul clima». Ogni riferimento a un «meccanismo globale di carbon pricing» doveva inoltre essere eliminato. Ha anche suggerito che i relatori dovevano essere ben indirizzati nel loro discorso, in modo da non dire mai che un meccanismo di carbon pricing dovrebbe impedire il “carbon leakage“, che permette ai grandi emettitori di trasferirsi in altri Paesi con regole meno severe sulle emissioni.
Colpite il carbone? Allora anche le rinnovabili
William Garcia ha perfino cercato di affossare le rinnovabili, aggiungendo una frase sibillina alle bozze di documento che contenevano l’appello all’interruzione dei sussidi ai combustibili fossili: i big dell’industria, parlando con i media, potrebbero dunque sostenere uno stop alle sovvenzioni per «altre fonti di energia non fossili mature».
Il Cefic non è nuovo a tentativi di impedire la transizione energetica. Secondo un rapporto di ShareAction del 2015, di minare anche il Pacchetto Clima Energia 2030, dicendo che i più ambiziosi obiettivi dell’UE sul cambiamento climatico dovrebbero essere attuati solo in caso di un accordo globale.