Se il settore LULUCF, che racchiude attività come l’uso di suolo e la silvicoltura verrà incluso negli impegni sul clima, permetterà di giocare sporco
(Rinnovabili.it) – Sapete che alla COP 21 di Parigi potrebbero prenderci tutti in giro, spacciandoci per oro quel che invece è spazzatura? Le promesse sul clima saranno altisonanti, ma grazie ad una scappatoia potrebbero non corrispondere ad un reale impegno. La porta sul retro si chiama LULUCF, acronimo di Land Use, Land-Use Change and Forestry. La sigla sta ad indicare quell’insieme di attività umane che coinvolgono l’utilizzo del suolo, i cambiamenti di destinazione d’uso e la silvicoltura. Mentre si avvicina la conferenza ONU, il settore LULUCF sta rapidamente acquisendo importanza e rischia di mettere in difficoltà i negoziatori europei. Il modo in cui il tema delle foreste e l’uso del territorio verranno affrontati a Parigi sarà fondamentale, perché il settore non rimuove soltanto l’anidride carbonica dall’atmosfera, ma contribuisce alle emissioni attraverso la deforestazione, l’allevamento e l’uso di fertilizzanti. È infatti l’unico comparto che può essere guardato da entrambe le prospettive: come fonte di emissioni o come risorsa in grado di ridurle. Su questa lama di rasoio camminano le furberie della politica.
Così si fa il gioco delle tre carte con il clima
Il 25 marzo, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sulla integrazione fra agricoltura, la silvicoltura e l’uso del territorio nella politica climatica ed energetica dell’UE per il 2030. La consultazione, passata sostanzialmente inosservata, è più importante di quanto si pensi.
Le foreste europee attualmente assorbono e stoccano circa il 10% delle emissioni di carbonio dell’UE e il loro contributo è considerato cruciale per i prossimi impegni di taglio delle emissioni. La proposta di Bruxelles in vista della COP 21 di Parigi prevede, entro il 2030, una riduzione almeno del 40% rispetto ai livelli del 1990. Per la prima volta, l’obiettivo dell’UE integra anche le emissioni del LULUCF.
Secondo il gruppo ambientalista Carbon Market Watch, potranno nascere problemi dal modo in cui si deciderà di contabilizzare le emissioni del settore: «Se il LULUCF sarà incorporato negli gli impegni per la riduzione delle emissioni senza aumentare l’obiettivo globale, consentirà tagli delle emissioni minori del 5%, perché altri settori inquinanti potranno beneficiarne – spiega il CMW – Di conseguenza, il reale impatto degli sforzi dell’UE non sarebbe superiore al 35%», ben al di sotto dell’obiettivo propagandato (e già piuttosto conservativo) del 40%, che viene spacciato per il più ambizioso del mondo.
La spaccatura nell’Unione e i rischi per l’accordo
Nell’Unione non c’è accordo su come trattare le emissioni LULUCF. Al momento è possibile lo scenario paradossale in cui, ad esempio, il settore agricolo pianta un albero, lo brucia o lo taglia in un secondo momento e continua ad inquinare invece di ridurre l’uso di fertilizzanti o efficientare la catena produttiva. In sostanza, questo metodo di contabilizzazione delle emissioni consente l’ennesima scappatoia per i settori non coperti dall’ETS (trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti) e allontana un cambio di paradigma. L’impegno sul fronte della mitigazione può essere parzialmente eluso giocando con i numeri, e nazioni che hanno ampio spazio per la silvicoltura potrebbero utilizzare l’escamotage per mantenere lo status quo anche dopo la COP 21.
Ecco perché, chiedono gli ambientalisti, il LULUCF deve avere confini rigidi ed essere trattato separatamente, con obiettivi specifici in grado di incentivare tagli della CO2 senza svolgere una funzione di greenwashing per gli altri settori.