Pechino ha condotto migliaia di ispezioni alla filiera delle due industrie pesanti più inquinanti del Paese, bloccando molte compagnie per violazioni delle norme ambientali e di sicurezza
(Rinnovabili.it) – E’ circondata da un alone di mistero la decisione della Cina di imporre uno stop a diverse compagnie del carbone e dell’acciaio. Con un provvedimento privo di dettagli, la Commissione per lo sviluppo nazionale e le riforme (NDRC), un ente governativo, ha punito centinaia di aziende con il blocco o il taglio della produzione. Tra le motivazioni addotte figurano violazioni dei regolamenti in materia ambientale e di sicurezza, irregolarità riguardo al consumo energetico e infrazione degli standard di qualità.
Una delle spiegazioni possibili di questo giro di vite su larga scala è la recente ratifica dell’Accordo di Parigi, che impegna la Cina a ridurre le proprie emissioni. Un passo necessario in questa direzione è appunto la chiusura (o lo svecchiamento) di parte delle principali industrie pesanti della nazione, quelle del carbone e dell’acciaio su tutte, dal momento che rappresentano la maggior fonte di inquinamento del Paese. Nei prossimi 5 anni la Cina si è impegnata a tagliare la produzione di carbone di 500 mln di t.
Negli ultimi anni Pechino ha raggiunto livelli record in alcune energie rinnovabili come l’eolico (ma ha effettivamente sfruttato soltanto una percentuale irrisoria di questo potenziale), mentre, in parallelo, ha continuato a programmare investimenti per nuove centrali a carbone. La Cina è anche il maggior produttore mondiale di acciaio.
È ancora presto per affermare che la mossa dell’NDRC sia un vero cambio di passo. Infatti la decisione resta fumosa. L’ente, dopo un’ispezione nazionale su oltre 1.000 compagnie dell’acciaio, ne ha chiuso definitivamente 2, ha bloccato la produzione di altre 29 e ha imposto a ulteriori 23 aziende di ridurre la produzione. Sul versante del carbone le ispezioni hanno toccato 4.600 miniere e si sono concluse con la revoca dei certificati di sicurezza per 28 siti, mentre altri 286 sono stati costretti a bloccare i lavori. Quello che l’NDRC non ha specificato (oltre al nome delle compagnie) è il come e il perché avrebbero infranto le norme ambientali e di sicurezza. Inoltre non è stata fornita alcuna indicazione sulla durata effettiva del provvedimento.