Se non si aumenta il prezzo della CO2 con una carbon tax, la transizione dell'industria non arriverà in tempi utili a salvarci dal riscaldamento globale
Finora i paesi ricchi hanno snobbato la carbon tax
(Rinnovabili.it) – Carbon tax o disastro climatico. Non lascia molte alternative l’appello di un gruppo di eminenti economisti, tra cui il premio Nobel Joseph Stiglitz e Nicholas Stern, secondo i quali gli stati devono trovare subito un accordo per introdurre una tassa sulle emissioni pari ad almeno 100 dollari a tonnellata, altrimenti rischiamo di subire un riscaldamento globale catastrofico nell’arco di appena 13 anni.
Sembrano previsioni perfino troppo spinte, eppure gli esperti hanno dichiarato nel loro report presentato alla Banca Mondiale che queste misure sarebbero essenziali per l’implementazione dell’accordo di Parigi. Così, hanno voluto offrire anche una sorta di roadmap: entro il 2020, dichiarano, i governi dovrebbero costringere le industrie più inquinanti a pagare almeno 40-80 dollari a tonnellata il carbonio emesso, mentre il tetto dei 100 dollari dovrebbe essere introdotto nel 2030. Per i paesi poveri, gli economisti prevedono un trattamento differenziato, data la maggiore vulnerabilità.
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La richiesta di azione è più che altro rivolta ai leader europei, che hanno creato un sistema di scambio delle emissioni nel 2005 e che attualmente addebita ai principali inquinatori solo 6 euro per ogni tonnellata di carbonio che rilasciano in atmosfera. Un vero fiasco, più che annunciato: l’eccesso di quote gratuite immesse nel mercato dalla Commissione Europea ha generato un surplus che ha permesso alle industrie più sporche non solo di rinviare costosi investimenti nella decarbonizzazione, ma addirittura di guadagnare denaro aumentando i prezzi dei prodotti senza aver sostenuto effettivamente il costo del carbonio.
Nonostante queste enormi imperfezioni, il mercato del carbonio è l’unico strumento ad oggi per ridurre le emissioni del settore energetico e dell’industria pesante in Europa: coinvolge 11.000 centrali elettriche e impianti industriali in 30 paesi, le cui emissioni di CO2 valgono quasi il 50% del totale europeo.
In attesa che entri in vigore la riforma del sistema, tuttavia, l’Unione Europea è ferma al palo. Il rifiuto di Trump di mettere una carbon tax (per timore che possa costare posti di lavoro) ha bloccato Bruxelles, incapace di tirare una volata su questa strada che, almeno nel breve termine, porterebbe ad una crescita del costo dell’energia.