Lo sfruttamento del petrolio da sabbie bituminose ha vanificato il calo delle emissioni nel settore elettrico. I target canadesi per il clima restano un miraggio
(Rinnovabili.it) – Le emissioni di gas serra del Canada sono aumentate nel 2013, spinte da una maggiore produzione di petrolio e di gas. Secondo Environment Canada, che ha presentato un report alle Nazioni Unite, il paese ha poca speranza di onorare i suoi impegni internazionali sul clima. Un fatto che porterà il Canada alla COP 21 di Parigi con un handicap piuttosto visibile.
I ministri del governo conservatore hanno spesso propagandato il fatto che la produzione di gas serra è diminuita dal 2005, ma tale diminuzione è dovuta alla recessione del 2008-09.
Il rapporto pubblicato Lunedì mostra che le emissioni annue del Canada sono cresciute del’1,5% nel 2013, e del 4% tra il 2009 e il 2013. Oggi sforano di quasi il 20% l’obiettivo di Ottawa per il 2020, fissato dallo stesso primo ministro Stephen Harper nel 2009 a Copenaghen, che prevedeva un taglio del 17% rispetto ai livelli del 2005. Se si vuol calcolare in tonnellate, la produzione di CO2 del Paese è salita di 27 milioni di tonnellate tra il 2009 e il 2013.
Il primo colpevole di questa pessima performance è lo sfruttamento del petrolio da sabbie bituminose, anche se il contributo che danno all’inquinamento è ancora di gran lunga inferiore a quello dei trasporti o dell’energia elettrica. Eppure, le emissioni delle tar sands sono cresciute di 30 milioni di tonnellate tra il 2005 e il 2013 fino a 62 MT, mentre il settore elettrico ha ridotto le proprie di 36 MT nello stesso periodo, attestandosi a 85 MT, soprattutto a seguito della decisione dell’Ontario di chiudere le centrali a carbone.
«A tutti i livelli di governo, così come ogni singolo canadese, la riduzione delle emissioni di gas serra devono essere considerati una priorità» ha detto Louise Comeau, direttrice esecutiva del Climate Action Network. Ma ha poi aggiunto che Ottawa è un particolare ritardatario.
Le misure prese dal governo Harper, in linea con quelle statunitensi – che impongono più severi standard di efficienza energetica e introducono misure per dismettere le centrali tradizionali a carbone – sono arrivate tardi, e avranno impatto dopo la soglia del 2020.