Il rapporto del 3° gruppo di lavoro del 6° Assessment report (AR6 WG3) calcola il peso delle politiche sul clima attuali, delle promesse presentate in forma di Ndc, e la traiettoria più probabile su cui ci stiamo muovendo da qui al 2030
Per il terzo rapporto IPCC, andiamo verso un mondo 3°C più caldo
(Rinnovabili.it) – Verso che scenario ci portano le politiche sul clima in vigore oggi? Quanto pesano le promesse fatte negli ultimi anni, ma non ancora tradotte in leggi? Quanto siamo disallineati con le traiettorie che ci danno più probabilità di limitare il riscaldamento globale sotto gli 1,5 gradi nel 2100 con uno sforamento temporaneo e limitato a pochi decimali? Il terzo rapporto IPCC dedica molto spazio alla costruzione degli scenari emissivi e ha un capitolo dedicato alla valutazione delle misure a breve termine – cioè entro il 2030 – che sono necessarie per tenere gli 1,5°C a portata di mano.
Dove ci portano le politiche sul clima di oggi
Il terzo rapporto IPCC presenta 8 gruppi di scenari emissivi possibili e calcola per ciascuno, tra le altre cose, il livello di riscaldamento globale a fine secolo, quando viene raggiunta la neutralità climatica, l’anno del picco del carbonio e le emissioni cumulate. Non è semplice capire dove si piazza in questo schema la traiettoria attuale del pianeta. La stima mediana di global warming con le politiche attuali, infatti, è di 3°C nel 2100: esattamente a cavallo tra gli scenari C6 (2,5°C-3°C) e C7 (3°C-4°C). La forchetta però è larga, va dai 3,5°C fino ai 2,2°C. Un valore, quest’ultimo, che rientra in uno scenario lievemente migliore, il C5.
In termini di emissioni assolute di gas serra, le politiche correnti portano verso una media annuale da qui al 2030 di 57 mld di t di CO2 equivalente (GtCO2e) con una forchetta di 52-60 GtCO2e. Enormemente più alta di quella che servirebbe per tenere la colonnina di mercurio sotto gli 1,5 gradi. Se si aggiungono al calcolo gli Ndc (Nationally determined contributions, contributi nazionali volontari) ovvero le promesse presentate da ogni paese all’Unfccc, la traiettoria migliora leggermente. Ma c’è un ma: gli Ndc sono volontari e, soprattutto, non vincolanti. È un meccanismo per stimolare la crescita di ambizione climatica, che la COP26 ha reso più stringente e forse efficace. Ma includono obiettivi che possono essere cambiati o mancati. È un gap di implementazione tra mere promesse e leggi già in vigore che, calcola il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico, vale dai 4 ai 7 GtCO2e l’anno.
Ad ogni modo, limando i volumi emissivi globali con gli Ndc si arriva a 53-50 GtCO2e, stima il terzo rapporto IPCC. Quanto manca per stare sotto gli 1,5 gradi? Molto: il gap di emissioni è addirittura di 20-26 GtCO2e. Se si prende il limite dei 2°C, invece, il gap si riduce a 10-17 GtCO2e. Se si conteggiano anche gli elementi condizionali degli Ndc (misure climatiche che un paese si impegna a implementare solo se vengono soddisfatte certe condizioni, tipicamente finanziamenti o trasferimenti di tecnologia), il gap scende a 16-24 GtCO2e per gli 1,5°C e 7-14 GtCO2e per i 2°C. Il terzo rapporto IPCC commenta: “La grandezza di questi gap emissivi mette in dubbio che gli attuali percorsi di sviluppo e gli sforzi per accelerare la mitigazione siano adeguati al raggiungimento degli obiettivi di mitigazione di Parigi”.