La soglia di 2 gradi di riscaldamento globale condanna gran parte dei biomi ghiacciati del Pianeta. In alcuni casi anche un overshoot limitato degli 1,5 gradi comporta un aggravamento significativo della fusione di calotte glaciali e ghiacciai alpini.
Pubblicato il rapporto dell’International Cryosphere Climate Initiative
(Rinnovabili.it) – Raggiungere un riscaldamento globale di 2 gradi significa provocare trasformazioni drammatiche alle calotte glaciali e ai ghiacciai in tutto il globo. L’unico modo per limitare l’aumento significativo del livello dei mari e la fusione delle masse glaciali che coprono poli e catene montuose più elevate è restare intorno agli 1,5 gradi. Senza false illusioni: anche gli scenari emissivi più ottimistici, tra quelli ancora a portata di mano, non possono evitare impatti estesi e duraturi alla criosfera terrestre. È il messaggio lanciato dalla International Cryosphere Climate Initiative alla vigilia della Cop28 di Dubai con il rapporto sullo Stato della criosfera 2023.
Tutte le previsioni del rapporto Stato della criosfera 2023
Arrivare a 2 gradi comporterebbe un aumento “esteso, potenzialmente rapido e irreversibile” del livello degli oceani a causa della fusione delle calotte glaciali. Ma già prima di quella soglia, a un livello di riscaldamento globale compreso tra 1,5 e 2°C, la maggior parte degli studi scientifici ormai fissano l’innesco di una fusione accelerata per la Groenlandia e parti dell’Antartide.
Se la temperatura globale restasse sui 2 gradi, nei secoli seguenti si verificherebbe in ogni caso un aumento dei mari di 12-20 metri. Ma anche in uno scenario migliore, aderente a quello che l’ultimo rapporto dell’IPCC definisce “a basse emissioni” con un overshoot fino a 1,8 gradi e rientro attorno a 1,6°C entro il 2100, si innescherebbero delle fusioni irreversibili in tempi umani, aumentando così l’incremento inevitabile del livello dei mari, anche se a un ritmo più lento.
Condanna simile per i ghiacciai alpini se si arriva a 2 gradi. Le perdite di copertura e volumi glaciali sarebbero “estese, di lungo periodo e essenzialmente irreversibili” per molti dei principali ghiacciai globali, con alcuni di essi che sparirebbero del tutto. È il caso di tutti quelli nella fascia tropicale (in Africa e sulle Ande) e della maggior parte di quelli situati alle medie latitudini, al netto dell’Himalaya che però dimezzerebbe il volume di ghiaccio. Per molti la scomparsa avverrebbe prima del 2050.
Secondo il rapporto Stato della criosfera 2023, per il permafrost la situazione è ancora più delicata. Anche a 1,5 gradi di riscaldamento globale lo scioglimento della fascia di terreno ghiacciato nell’Artico sarebbe significativo, con conseguente emissione di ingenti quantità di CO2 e metano. Emissioni che aumenterebbero anche nel caso di eventi estremi come ondate di calore di breve durata ma molto intense.