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Stato del Clima 2023, 20 segni vitali su 35 sono da allarme rosso

Più di metà dei principali indicatori della crisi climatica registra livelli estremi. In alcuni casi – il riscaldamento globale tra luglio e agosto – con valori inediti negli ultimi 100.000 anni. L’attenzione si concentra sul possibile innesco di nuovi meccanismi di feedback positivo, mentre alcuni di essi sono già all’opera e contribuiscono all’accelerazione inaspettata del global warming quest’anno

Stato del Clima 2023: 20 segni vitali su 35 sono da allarme rosso
Foto di Markus Spiske su Unsplash

Pubblicato il rapporto Stato del Clima del 2023

(Rinnovabili.it) – “La vita sul pianeta Terra è sotto assedio. Ora siamo in un territorio inesplorato”. Si apre con queste parole il rapporto 2023 State of the Climate, che spiega come 20 dei 35 “segni vitali” del Pianeta con cui si monitora la crisi climatica sono a stadi estremi mai raggiunti prima nella storia dell’umanità. Un aggiornamento del lavoro analogo apparso per la prima volta nel 2019 e oggi sottoscritto da più di 15.000 scienziati del clima. “Le tendenze rivelano nuovi record assoluti legati al clima e modelli profondamente preoccupanti di disastri legati al clima. Allo stesso tempo, segnaliamo progressi minimi da parte dell’umanità nella lotta al cambiamento climatico”, scrivono gli autori dello Stato del Clima 2023.

Stato del Clima 2023, la crisi climatica accelera

Gli eventi di quest’anno hanno sorpreso gli scienziati del clima. Il ritmo a cui la crisi climatica sta accelerando, segnalano molti degli indicatori principali, è ben superiore alle attese. Lo Stato del Clima 2023 sottolinea le centinaia di record di temperatura infranti in tutto il globo, le ondate di calore durature e intense che hanno colpito entrambi gli emisferi, i valori di riscaldamento globale di luglio e agosto che hanno portato la temperatura del Pianeta a livelli mai visti negli ultimi 100.000 anni, e le temperature senza precedenti degli oceani. “È un segno che stiamo spingendo i nostri sistemi planetari verso una pericolosa instabilità”, rimarcano gli autori del rapporto. “Ancora più sorprendenti sono gli enormi margini con cui le condizioni del 2023 stanno superando gli estremi del passato”.

Sono molti gli indicatori da allarme rosso sventolati nello Stato del Clima 2023. La deforestazione a livello globale sembra rallentare, ma le foreste sono sempre più minacciate da potenti cicli di feedback climatico che coinvolgono processi come danni da insetti, degrado e incendi. Come quelli che stanno ancora sconvolgendo il Canada, parzialmente legati alla crisi climatica, che hanno incenerito più di 16 mln ettari e liberato in atmosfera oltre 1 Gt CO2. Anidride carbonica, metano e ossidi di azoto hanno raggiunto concentrazioni record, mentre la riduzione delle emissioni di anidride solforosa stanno contribuendo al riscaldamento globale facendo venir meno il loro apporto riflettente.

Altri segni vitali a rischio, con nuovi record negativi, sono l’acidificazione degli oceani, lo spessore dei ghiacciai, la massa glaciale della Groenlandia. Mentre sale ai massimi l’aumento del livello del mare e il calore contenuto negli oceani. “L’aumento del contenuto di calore e il rapido aumento della temperatura della superficie del mare sono particolarmente preoccupanti, perché potrebbero avere molti impatti gravi, tra cui la perdita di vita marina, la morte delle barriere coralline a causa dello sbiancamento e l’aumento del intensità delle grandi tempeste tropicali”, spiegano gli autori.

Che sottolineano il rischio di innescare nuovi meccanismi di feedback positivo nel sistema climatico terrestre, amplificando la portata del riscaldamento globale. “Vi sono inoltre crescenti preoccupazioni che la circolazione di inversione meridionale dell’Atlantico possa superare un punto di non ritorno e iniziare a collassare in questo secolo, possibilmente tra il 2025 e il 2095, il che altererebbe significativamente i modelli globali di precipitazioni e temperature con conseguenze potenzialmente dannose per l’economia. ecosistemi e società, compresa la riduzione dei pozzi naturali di carbonio”, scrivono.