Il modello usato nella ricerca dà molta enfasi ai meccanismi di feedback positivo come la riduzione dei ghiacci artici e lo scioglimento del permafrost. Ma per alcuni scienziati è un errore
Uno studio sostiene che il riscaldamento globale ormai aumenterà a prescindere dalla nostra azione climatica
(Rinnovabili.it) – Abbiamo già superato il punto di non ritorno del riscaldamento globale? Lo suggerisce uno studio pubblicato su Scientific Reports, che sostiene che anche se fermassimo adesso tutte le emissioni antropiche di gas serra le temperature globali continuerebbero a salire. Il modello usato dagli scienziati della BI Norwegian Business School, però, sta alimentando una controversia all’interno del mondo accademico.
I nodi principali sono due. I cosiddetti ‘tipping points’, cioè i punti di svolta superati i quali si entra in un circolo vizioso accelerato, e i meccanismi di feedback positivo che aumentano gli impatti del cambiamento climatico.
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Lo studio norvegese in estrema sintesi dice questo: azzeriamo le emissioni di gas serra domani e avremo un picco di riscaldamento globale tra 50 anni a 2,3°C. Ma il modello usato mostra che la curva a partire dal 2150 tornerebbe a salire. E nei 3 secoli successivi la temperatura si alzerebbe di un altro grado e il livello degli oceani di 3 metri.
Questo accadrebbe perché ormai abbiamo superato alcuni punti di non ritorno importanti. E quindi si sarebbero attivati dei feedback positivi che amplificano la portata e il ritmo del riscaldamento globale. In altre parole, il processo è incamminato e se oggi non ce ne accorgiamo ancora è solo perché sta andando piano. Riduzione del ghiaccio artico e scioglimento del permafrost sono due dei tipping point considerati nello studio.
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Il concetto di punto di svolta non è peregrino, anzi. Sappiamo che è proprio a causa di questi meccanismi che in passato, milioni di anni fa, il clima ha subito delle accelerazioni improvvise. E in alcuni casi questo ha portato anche a estinzioni di massa.
Ciò che importanti climatologi contestano del lavoro del team norvegese è la solidità del modello che hanno impiegato. Secondo molte voci autorevoli, il modello (ESCIMO) sarebbe troppo ‘sensibile’ o mal calibrato in alcune sue parti. Soprattutto quando deve fare delle proiezioni a partire dall’impatto dei meccanismi di feedback positivo.
“Questi risultati devono essere confermati da modelli climatici più complessi utilizzati nei rapporti IPCC, perché questi risultati provengono da un modello che non è stato sottoposto a rigorosi controlli incrociati e test tipici dei modelli climatici”, ha commentato Mark Maslin, scienziato del clima presso l’University College di Londra.