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Cambiamenti climatici si abbattono sulle città, in 10 anni quasi mille eventi estremi in Italia

Il nuovo rapporto di Legambiente mette in evidenza come siano stati colpiti 507 Comuni. E prendendo in considerazione soltanto i primi 10 mesi del 2020, ci sono stati 86 allagamenti per via delle piogge intense e 72 trombe d’aria. Su tutte spicca Roma che dal 2010 a ottobre scorso è stata colpita da 47 eventi estremi.

Osservatorio Città Clima
Foto di Hermann Traub da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – I cambiamenti climatici si abbattono sulle città, e infrangono di anno in anno la soglia di criticità. In 10 anni in Italia ci sono stati infatti 946 fenomeni metereologici estremi in 507 Comuni; prendendo in considerazione soltanto i primi 10 mesi del 2020, ci sono stati 86 allagamenti per via delle piogge intense e 72 trombe d’aria, con un forte aumento rispetto al 2019. E’ questo l’elemento principale che emerge dall’analisi di Legambiente che arriva fino allo scorso mese di ottobre, messa a punto dall’Osservatorio Città Clima, e contenuta nel nuovo rapporto 2020 ‘Il clima è già cambiato’, presentato nel corso di un evento on-line dedicato al tema organizzato insieme con il contributo di Unipol, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), e la collaborazione scientifica di Enel Foundation. Su tutte spicca una città: Roma, che dal 2010 a ottobre scorso è stata colpita da 47 eventi estremi, 28 dei quali sono stati allagamenti per super piogge. Poi, la segue Bari, e Agrigento dove ci sono state anche trombe d’aria, e Milano dove sono esondati i fiumi Seveso e Lambro. 

“Sempre più drammatiche le conseguenze dei danni da trombe d’aria, che nel Meridione sferzano le città costiere, mentre al Nord si concentrano nelle aree di pianura – spiega Legambiente – sono forti e prolungate le ondate di calore nei centri urbani e le alluvioni con una tale quantità d’acqua che normalmente cadrebbe in diversi mesi o in un anno, e che invece si riversa nelle strade in poche ore, a cui seguono sempre più spesso lunghi periodi di siccità”.

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Nell’ultimo decennio, nei Comuni italiani si sono verificati 416 allagamenti per pioggia (319 sono avvenute in città) che hanno causato 347 interruzioni e danni alle infrastrutture con 80 giorni di stop ai trasporti pubblici locali, come metropolitane e treni urbani. Il maltempo ha provocato 83 giorni di blackout elettrico; si contano inoltre 14 casi di danni al patrimonio storico e archeologico; 39 casi di danni provocati da lunghi periodi di siccità e temperature estreme; 257 eventi con danni da trombe d’aria; 35 frane causati da piogge intense, e 118 eventi (89 hanno riguardato città) da esondazioni di fiumi. Purtroppo anche sul fronte delle perdite di vite umane sono evidente le piaghe: si contato 251 morti (42 riferiti al 2019, in aumento rispetto ai 32 del 2018); 50mila invece – rileva il Cnr – le persone sfollate dopo frane e alluvioni.

L’analisi si è concentrata sulla mappa delle città, le aree urbanizzate e più popolose, e spesso sprovviste di una corretta pianificazione territoriale; ed inoltre le più esposte agli effetti dei cambiamenti climatici. Nella lista delle città maggiormente prese di mira dal clima, Roma (47 eventi estremi). E sempre a Roma la temperatura media nel periodo che va dal 2001 al 2018 è salita di 0,8 gradi rispetto ai 20 anni precedenti. Nello stesso spazio di tempo sono aumentate anche le giornate con temperature estreme e il numero di notti ‘tropicali’. Ma non finisce qui. Perché secondo l’ultima ricerca dell’European data journalism network in base alle serie storiche delle temperature dei Comuni italiani a Roma va il record dell’aumento di temperatura con un incremento di 3,65 gradi dal 1960 a oggi. Tra le altre città, Bari (41), Agrigento (31), Milano (29 eventi e almeno 20 esondazioni tra Seveso e Lambro). Nei 10 mesi del 2020 ci sono state anche 15 esondazioni di fiumi, 13 eventi hanno causato danni alle infrastrutture, 12 casi di siccità prolungata, 9 frane da piogge intense.

“Dal 2013 il nostro Paese ha speso una media di 1,9 miliardi l’anno per riparare i danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione – osserva il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini – un rapporto di 6 a 1 che è la ragione dei danni che vediamo nel territorio italiano. Abbiamo tracciato un bilancio degli ultimi 10 anni con numeri e una mappa aggiornata degli impatti nel territorio italiano. L’intento è quello di far capire come serva un cambio delle politiche di fronte a fenomeni di questa portata. L’Italia è oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima; continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. Il Recovery plan deve contenere la risposta a queste sfide, con risorse per l’adattamento e un cambio della governance che oggi non funziona. Del resto, oggi sappiamo cosa dobbiamo fare, e abbiamo tutte le informazioni e gli strumenti per analizzare le aree coinvolte dai fenomeni, per comprenderne le possibili cause antropiche, le scelte insediative, i fenomeni di abusivismo edilizio che ne aggravano gli impatti e individuare efficaci strategie di contrasto e adattamento”.

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Per questo Legambiente propone di cambiare le regole d’intervento con “un patto tra Governo, Regioni, e Comuni, approvando una legge dello Stato che consenta di assumere decisioni non più procrastinabili per mettere in sicurezza territori e persone”. Gli obiettivi alla base della legge dovrebbero essere 10: vietare l’edificazione nelle aree a rischio idrogeologico e in quelle individuate dall’Enea come aree di esondazione al 2100 per l’innalzamento del livello dei mari; delocalizzare gli edifici in aree classificate ad elevato rischio idrogeologico; salvaguardare e ripristinare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane; vietare l’utilizzo dei piani interrati per abitazioni; mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni meteorologici estremi; vietare l’intubamento dei corsi d’acqua e pianificare la riapertura di quelli chiusi; recuperare, riutilizzare, e risparmiare l’acqua in tutti gli interventi edilizi; utilizzare materiali capaci di ridurre il caldo e la siccità; creare per gli interventi sugli spazi pubblici e per l’edilizia privata vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane; prevedere risorse statali per piantare alberi e costruire verde urbano. Infine, diventa fondamentale – conclude Legambiente – l’approvazione immediata del piano di adattamento climatico e pensare alle città come luoghi principali per gli interventi mitigazione e lotta ai cambiamenti climatici.