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Oceani più caldi, salati e a strati: nel 2022 è record assoluto

Uno studio a cui hanno partecipato anche Ingv e Enea stima in 10 Zetta Joule l’aumento della quantità di calore stoccata negli oceani rispetto al 2021: un’energia che equivale a 9700 volte la produzione di elettricità dell’Italia in un anno

Oceani più caldi: nuovo record nel 2022, +10 ZJ
Foto di Lance Asper su Unsplash

Il Mediterraneo in controtendenza resta ai livelli del 2021

(Rinnovabili.it) – Per il settimo anno di fila il contenuto termico delle acque dell’oceano ha segnato un nuovo record. Il 2022 ha visto oceani più caldi di circa 10 Zetta Joule (ZJ) rispetto all’anno prima. È una quantità enorme, pari a circa 100 volte la produzione mondiale di elettricità del 2021 e a 9700 volte quella dell’Italia. Lo conferma lo studio Another year of record heat for the oceans, pubblicato oggi su Advances in Atmospheric Sciences da un team di 24 ricercatori di 16 istituti tra cui Enea e Ingv. E il Mediterraneo? È il bacino che si scalda più velocemente tra quelli analizzati nello studio, che si basa su serie storiche. Ma il contenuto di calore nel 2022 si attesta allo stesso livello del 2021 secondo le ultime stime.

Dati, quelli degli oceani nel 2022, che confermano il trend in accelerazione. Le misurazioni sistematiche partono dagli anni ’50, registrano un aumento costante della quantità di calore intrappolata nelle masse oceaniche, e mostrano che dagli anni ’90 in poi si è verificata un’accelerazione. E confermano una volta di più, se ce ne fosse il bisogno, qual è l’impatto delle attività umane sul clima terrestre. L’aumento del calore negli oceani, infatti, è un indicatore del climate change particolarmente affidabile perché soggetto a variazioni molto più contenute rispetto all’atmosfera.

Oceani più caldi: quali conseguenze?

Oceani più caldi significa anche oceani più salati. “Il riscaldamento globale dell’oceano continua e si manifesta sia con nuovi record del contenuto termico delle acque ma anche con nuovi valori estremi per la salinità. Le aree già salate diventano ancora più salate mentre le zone con acque più dolci diventano ancora meno salate: c’è un continuo aumento dell’intensità del ciclo idrologico”, spiega Lijing Cheng dell’Accademia Cinese delle Scienze, primo autore dello studio.

Perché è importante il livello di salinità degli oceani? Il calore si concentra nella parte più superficiale della colonna d’acqua e tende a provocare una stratificazione più accentuata. Acque più e meno salate fanno più fatica a mescolarsi, e di conseguenza ne risentono anche gli scambi di calore, di ossigeno e di carbonio. In alcuni casi questo porta alla creazione di zone morte, senza ossigeno o con percentuali bassissime. Il che ha un impatto enorme su flora e fauna marine. Ma anche le semplici variazioni di salinità e calore impattano sugli ecosistemi.

Oceani più caldi significa anche una maggior quantità di energia a disposizione del sistema climatico del Pianeta. E siccome il calore tende a concentrarsi verso la superficie, questa energia scatena ondate di calore marino e può “migrare” facilmente altrove. Dando così origine a eventi estremi, ad esempio aumentando l’intensità di uragani e tempeste. O, ancora, incrementando il tasso di umidità dell’aria, al cui aumento corrisponde un aumento della quantità di acqua trattenuta in atmosfera e, quindi, della quantità di precipitazioni per unità di tempo in alcuni luoghi e a certe condizioni. Quelle che siamo abituati a chiamare “bombe d’acqua”.