Rinnovabili • Stato di emergenza per la siccità: il governo stanzia i primi 36,5 mln Rinnovabili • Stato di emergenza per la siccità: il governo stanzia i primi 36,5 mln

Cosa dice il nuovo rapporto Ipcc sull’impatto della crisi climatica in Italia e in Europa?

Caldo estremo in estate, anche del 50% maggiore della media globale, e aumento della siccità. Vulnerabilità delle coste e del comparto turistico. E la minaccia del sovrasfruttamento per alcuni ecosistemi già fragili. Sono questi i rischi e le vulnerabilità principali per il Belpaese che emergono dal rapporto del Panel intergovernativo per il cambiamento climatico (Ipcc) appena pubblicato

Stato di emergenza per la siccità: il governo stanzia i primi 36,5 mln
Il Po in secca all’altezza del Ponte della Becca, alla confluenza col Ticino. via depositphotos.com

Il 20 marzo è stato rilasciato il Synthesis Report dell’AR6

(Rinnovabili.it) – Ondate di calore più letali, calo della produzione agricola, rischio di scarsità di risorse idriche, maggiore frequenza e intensità delle inondazioni. Sono i quattro rischi chiave per l’Europa contenuti nel nuovo rapporto Ipcc, il Synthesis Report pubblicato ieri dove gli scienziati del clima riassumono la miglior conoscenza scientifica del cambiamento climatico a nostra disposizione oggi.

Rischi e vulnerabilità che in gran parte colpiscono anche l’Italia. A partire dal rischio siccità e dall’impennata delle temperature estreme. Passando per le vulnerabilità di alcuni settori produttivi nazionali, su tutti il turismo, e degli ecosistemi più fragili. Vediamo più da vicino cosa dice il nuovo rapporto Ipcc sull’impatto della crisi climatica per l’Italia e l’Europa.

Nuovo rapporto Ipcc, l’Italia è particolarmente vulnerabile

Durante la presentazione del rapporto di sintesi del 6° Assessment Report, il messaggio principale ripetuto in tutti gli interventi riguarda l’urgenza della crisi e la necessità di agire immediatamente con politiche ambientali adeguate. Ovvero: ridurre di almeno il 43% le emissioni di gas serra entro il 2030  e del 60% entro il 2035, in modo da raggiungere la neutralità di carbonio entro la metà del secolo. I paesi più ricchi dovrebbero invece puntare a tagliare il traguardo net zero in una data il più vicino possibile al 2040.

Un’indicazione che tocca due volte l’Italia. Prima di tutto perché rientra fra i paesi con economie avanzate che devono fare uno sforzo in più rispetto alle promesse attuali. E poi perché, come il resto dell’Europa mediterranea, si trova in un hotspot del riscaldamento globale e subisce un impatto considerevole già ora, in un mondo 1,1°C più caldo.

Quali sono i rischi concreti per il Belpaese? Alcuni sono dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi nazionali. Lo spiega Piero Lionello, prima firma del capitolo 13 “Europe” e del cross-chapter paper 4 “Mediterraneo” del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’Ipcc, “Climate Change 2022: Impatti, adattamento e vulnerabilità”, uscito a febbraio del 2022.

A dipendere direttamente dalla crisi climatica sono i rischi legati all’attesa diminuzione della precipitazione, con conseguente aumento di stress idrico e carenza d’acqua. Un decorso, questo, che contrasta con la tendenza all’aumento delle precipitazioni su scala globale e anche nel nord Europa. Secondo rischio: la particolare intensità del riscaldamento estivo, che sarà “superiore di circa il 50% di quello medio globale”. Già oggi la tendenza è ben visibile. Nel 2022 il riscaldamento globale è arrivato a +0,3°C sulla media del periodo 1991-2020, mentre in Italia è stato +1,15°C sullo stesso periodo di riferimento, il secondo anno più caldo per record di temperatura.

Altri rischi, continua Lionello, sono legati “alla vulnerabilità delle coste (dove insediamenti e strutture sono frequentemente collocati poco al di sopra del livello medio del mare), all’importanza economica del settore turistico (che è posto direttamente a rischio dal cambiamento climatico e indirettamente dall’implementazione di politiche di mitigazione) e alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da altri fattori antropici (sovrasfruttamento e inquinamento)”.

L’Europa di fronte alla crisi climatica

Se si allarga lo sguardo a livello europeo, il nuovo rapporto Ipcc sottolinea come rischi soprattutto il caldo estremo e la scarsità di risorse idriche. L’aumento delle temperature a 3°C, rispetto al limite di 1,5°C, farebbe raddoppiare o triplicare i decessi da stress termico nel continente. Le stime per il 2022 variano da 15mila a oltre 50mila a seconda del metodo di calcolo. Per l’Agenzia europea per l’ambiente, nel 2100 ci dovremmo aspettare 90mila decessi l’anno.

Sulla siccità, il rischio per l’Europa centro-occidentale è concreto con un global warming di 3°C, mentre per la fascia mediterranea il suo impatto diventa pesante già a 1,5°C. in più, a causa della combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel 21° secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee. Con la siccità aumenta anche l’estremo opposto, le precipitazioni estreme e concentrate in poche ore. Questo fattore, insieme all’aumento del livello del mare che colpirà ovunque salvo la penisola scandinava, farà aumentare i rischi per le persone e le infrastrutture derivanti dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali.