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MOSAiC, la più grande spedizione polare nei ghiacci dell’Artico

Un gruppo di ricerca internazionale multidisciplinare è rimasto per un anno alla deriva tra i ghiacci per studiare da vicino l’impatto dei cambiamenti climatici sul delicato ecosistema dell’Oceano Artico

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via Pixabay

(Rinnovabili.it) – Nell’autunno 2019 un’équipe di scienziati di venti nazioni è partita dalla Norvegia a bordo del rompighiaccio tedesco Polarstern attrezzato per la ricerca scientifica con l’obiettivo di studiare da vicino l’impatto dei cambiamenti climatici nell’Artico. La nave da ricerca è rimasta alla deriva in mezzo ai ghiacci dell’Oceano Artico fino all’autunno 2020.

Gruppo di ricerca internazionale multidisciplinare

La spedizione internazionale Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate (MOSAiC), composta dal team multidisciplinare di scienziati del Consorzio European Fisheries Inventory in the Central Arctic Ocean (EFICA) finanziato dall’Unione Europea, è rimasta tra i ghiacci dei bacini di Amundsen (la piana abissale più profonda del Mar Glaciale Artico, situata a circa 4,4 Km di profondità) e di Nansen (la piana è a circa 3 km di profondità) e dello stretto di Fram (il passaggio via mare tra le isole Svalbard e la Groenlandia) per svolgere ricerche sugli ecosistemi di questo tratto dell’Oceano Artico.

MOSAiC è coordinato dall’Alfred Wegener Institute for Polar and Marine Research (AWI). Il nome della spedizione rispecchia la sua complessità. Si è trattato della prima spedizione durata un anno per studiare il sistema climatico dell’Artico. Il progetto dispone di un budget di 140 milioni di euro.

Un salto di qualità nella ricerca

Con MOSAiC si compie un salto di qualità nella ricerca del sistema climatico dell’Artico e della rappresentazione dei modelli climatici globali. È stato possibile osservare i processi climatici che coinvolgono atmosfera, oceano, ghiaccio marino, biogeochimica e d ecosistema.

I risultati della ricerca hanno fornito importanti informazioni sul funzionamento della catena alimentare artica in acque aperte. Oltre a uno strato di acque profonde popolato da zooplancton e pesci, gli scienziati hanno trovato prove di una continua immigrazione di pesci atlantici molto più a nord del previsto.

«Questo flusso di pesci alimenta i mammiferi che vivono nell’Oceano Artico, e questo potrebbe spiegare perché foche, trichechi e orsi polari si trovino anche al Polo Nord. Pesci e mammiferi sono pochissimi, ma ci sono», ha affermato il biologo Hauke Flores dell’Alfred Wagener Institute, a bordo della spedizione MOSAiC.

Il delicato ecosistema dell’Artico

La capacità dell’Oceano Artico di sostenere stock ittici più ricchi è piuttosto remota.

Per proteggere questo delicato ecosistema, Canada, Cina, Danimarca (per quanto riguarda la Groenlandia e le Isole Fær Øer), Islanda, Giappone, Corea, Norvegia, Federazione Russa, Stati Uniti d’America e Unione Europea hanno negoziato un Accordo per prevenire la pesca non regolamentata nell’Artico che è entrato in vigore nel giugno 2021.

L’accordo vieta la pesca commerciale per almeno sedici anni e istituisce un programma congiunto di ricerca scientifica e monitoraggio degli ecosistemi dell’Oceano Artico centrale.

Nel 2021, gli scienziati del Consorzio EFICA hanno preso parte a un’altra spedizione nell’Artico centrale a bordo del rompighiaccio svedese Oden. I risultati finali di entrambe le spedizioni dovrebbero essere disponibili entro la fine del 2023.

I risultati della ricerca sono pubblicati nella rivista scientifica “Science Advance”.