Legambiente ha sottolineato che il 2022 è stato un anno nero per il clima, contrassegnato da una serie infinita di eventi estremi che hanno avuto costi ingenti economici e di vite umane. L’Italia, in particolare, sconta fragilità idrogeologica del territorio, distrutto da decenni di incuria e di miopia politica e amministrativa
(Rinnovabili.it) – Il fatto che il 2022 sia stato un anno nero per il clima, come ha sottolineato Legambiente, non vuol dire che ci si debba rassegnare. Anzi, la grave crisi climatica che affligge il nostro Pianeta deve stimolarci ad agire presto ma bene, in modo coordinato e lungimirante. L’alternativa sarebbe quella di lasciare un mondo desolato a chi verrà dopo di noi.
Rincorrere il consenso elettorale immediato accorcia, e di molto, la visione
Alluvioni, siccità, gelo, trombe d’aria, grandinate, frane, mareggiate: gli effetti del cambiamento climatico non risparmiano nessun Paese.
A una situazione globalmente complessa, per l’Italia si aggiunge la particolare fragilità idrogeologica del territorio, distrutto da decenni di incuria e di miopia politica e amministrativa, indifferente al fatto che prevenire i danni costa meno che ripararli.
Siamo tanto bravi nell’emergenza, nei soccorsi e nella solidarietà, ma non lo siamo altrettanto nella prevenzione. Manca il coraggio di prendere decisioni lungimiranti farebbero risparmiare soldi e vite umane.
La mappa del rischio climatico presentata dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, realizzata in collaborazione con il gruppo Unipol, non lascia spazio a dubbi.
Nel 2022 l’Italia ha registrato un aumento del 55% di fenomeni climatici estremi rispetto al 2021: gravi danni ambientali ed economici lungo tutta la Penisola e 29 morti.
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La voce dei numeri
I numeri contenuti nel rapporto di Legambiente sono impressionanti: «104 casi di allagamenti e alluvioni da piogge intense, 81 casi di danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 29 da grandinate, 28 da siccità prolungata, 18 da mareggiate, 14 eventi con l’interessamento di infrastrutture, 13 esondazioni fluviali, 11 casi di frane causate da piogge intense, 8 casi di temperature estreme in città e 4 eventi con impatti sul patrimonio storico».
Nessuna parte del Pese è stata risparmiata e purtroppo non è stato infrequente il concomitare di più fenomeni.
L’area più colpita è stato il Nord, seguito da Sud e Centro. A livello regionale, la Lombardia, seguita da Lazio e Sicilia. Tra le province, Roma ha il non invidiabile primato di eventi meteo-idro.
Servono politiche climatiche più ambiziose
Come dobbiamo leggere questi numeri? Non come l’allarme di un gruppo di ambientalisti esagerati, ma come il richiamo a un urgente cambio di passo nella lotta alla crisi climatica. Si impongono politiche climatiche più ambiziose e interventi concreti non più rimandabili.
Già nel mese di maggio si sono registrate temperature eccezionali; nel mese di giugno la temperatura media italiana è stata superiore di 3,3°C; luglio e agosto sono stati da record. Mesi e mesi gravemente siccitosi hanno messo in ginocchio l’agricoltura.
Secondo i dati CNR-ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima) nei primi sette mesi del 2022 le piogge sono diminuite del 46% rispetto alla media degli ultimi trent’anni.
Il protrarsi di questo caldo eccezionale ha avuto un impatto serio sulla salute delle persone con un aumento della mortalità. Secondo le analisi di Ministero della Salute e del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, nel 2022 sono stati oltre 2.300 i decessi in Italia dovuti alle ondate di calore, in crescita rispetto ai 1.472 del 2021 e ai 685 del 2020.
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Un anno di disastri climatici
Legambiente ricorda anche gli eventi più eclatanti di questo anno nero dal punto di vista climatico (ma è opportuno ricordare che si tratta di un trend negativo costantemente in crescita). Dal distacco di una parte del ghiacciaio della Marmolada alle piogge intense e prolungate in Val Camonica (in poche ore è caduta la stessa quantità di pioggia dei sette mesi precedenti), dalle frane in Val di Fassa alla caduta di alberi a Marina di Massa, alluvioni nelle Marche e a Trapani fino all’ultima tragedia di Ischia, dove le piogge intense (126 mm in 6 ore) hanno provocato una frana in cui hanno perso la vita 12 persone.
Questo il quadro climatico ma, come dicevamo in apertura, la mano dell’uomo non è estranea. All’allagamento di Scilla (RC) fanno riscontro cementificazione selvaggia e un fiume tombato (problema ben noto anche altrove), perché nessuno pensa che l’acqua ha una “memoria”: un corso d’acqua si può deviare o tombare, ma nel tempo tornerà alla posizione originaria provocando disastri prevedibili.
Si rincorre l’emergenza ma non si pensa alla prevenzione
Dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente: «La fotografia scattata dal nostro Osservatorio CittàClima ci restituisce un quadro preoccupante di un anno difficilissimo, concluso con le notizie sulle temperature primaverili di fine dicembre in Italia, sulla tempesta artica che ha colpito il Nord America, causando decine di morti, e sull’ ondata di freddo in Giappone.
Nella lotta alla crisi climatica il nostro Paese è ancora in grave ritardo, rincorre le emergenze senza una strategia di prevenzione, che farebbe risparmiare il 75% delle risorse spese per riparare i danni.
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Cinque azioni urgenti
Al Governo Meloni, al posto di nuovi investimenti sul gas, chiediamo cinque azioni urgenti da mettere al centro dell’agenda dei primi mesi del 2023.
A una veloce approvazione del Piano nazionale di adattamento climatico, devono seguire lo stanziamento di adeguate risorse economiche per attuarlo, non previste dalla legge di bilancio approvata; l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) agli obiettivi europei di riduzione dei gas climalteranti del REPowerEU, dimenticato dal governo Draghi; nuove semplificazioni per tutti gli impianti a fonti rinnovabili, a partire dal repowering per gli impianti eolici esistenti; la velocizzazione degli iter autorizzativi con nuove linee guida del Ministero della Cultura per le Sovrintendenze e una forte azione di sostegno e sollecitazione alle Regioni per potenziare gli uffici che autorizzano gli impianti».