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Innalzamento dei mari: i nuovi migranti climatici saranno statunitensi

Pubblicato su PlosOne, un nuovo studio guarda ai futuri migranti climatici. Nell’arco di pochi decenni, un innalzamento degli oceani pari ad 1,8 metri costringerà milioni di americani ad abbandonare le città costiere.

Migranti climatici
Credits: PlosONE; (CC BY 4.0)

Entro il 2100, 13 milioni di americani saranno i nuovi migranti climatici

 

(Rinnovabili.it) – Siccità e innalzamento del livello dei mari saranno responsabili nei prossimi anni della migrazione “obbligata” di milioni di persone in tutto il mondo e molti di questi migranti climatici saranno statunitensi. A dimostrarlo è il nuovo studio condotto da Caleb Robinson del Georgia Institute of Technology, Bistra Dilkina dell’Università della Southern California e Juan Moreno-Cruz dell’Università Canadese di Waterloo. Secondo i ricercatori, l’innalzamento del livello degli oceani costringerà milioni di americani a fuggire dalle città costiere degli USA per rifugiarsi in quelle dell’entroterra, prime su tutte Atlanta, Houston, Dallas, Denver e Las Vegas. 

 

Quando l’uragano Harvey si è schiantato contro la costa del Texas nel 2017″, sottolinea Dilkina, gli sfollati si sono riversati nell’entroterra, cercando di ricostruire le loro vite in seguito al disastro. Entro qualche decennio, la stessa cosa potrebbe accadere su una scala molto più ampia a causa dell’innalzamento del livello del mare”. Pubblicato su PlosOne, nel dettaglio lo studio parla di circa 13 milioni di americani destinati a trasformarsi, entro il 2100, nei nuovi migranti climatici: “Nel giro di pochi decenni centinaia di migliaia di case sulle coste Usa saranno allagate.  Entro la fine del secolo, il mare dovrebbe salire di circa 1,8 metri, ridisegnando la costa della Florida meridionale, parti della North Carolina e della Virginia e le aree urbane di Boston e New Orleans”. 

 

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Le conseguenze avrebbero un impatto enorme sull’economia e sull’intera società americana: le città sulla costa potrebbero essere del tutto abbandonate e quelle nell’entroterra, alcune delle quali non strutturate per accogliere un così alto numero di persone, potrebbero essere invase da milioni di persone in cerca di un posto più sicuro. “Quando la migrazione avviene in modo naturale”, spiega Juan Moreno-Cruz, “è un ottimo motore per l’attività economica e la crescita. Ma quando la migrazione avviene forzatamente, la produttività diminuisce e il capitale umano e sociale va perso, mentre le comunità vengono distrutte. Comprendere questi le cause della migrazione aiuta le economie e i decisori politici a prepararsi per ciò che verrà e fare il più possibile per rendere l’afflusso della migrazione un’esperienza positiva che produca risultati positivi”.

 

La speranza dei ricercatori è pertanto quella che, grazie alle previsioni registrate attraverso lo studio, urbanisti e responsabili politici possano cominciare a pianificare l’espansione delle infrastrutture essenziali, quali strade e servizi medici. Fattori fondamentali, chiariscono gli studiosi, a “garantire che l’afflusso di persone abbia un impatto positivo sulle economie locali e sul benessere sociale”.

 

 

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