Il 13% delle principali stazioni sciistiche esistenti oggi resterà senza copertura nevosa naturale tra il 2071 e il 2100 in uno scenario ad alte emissioni. Ma in tutte le principali regioni sciistiche lo studio pubblicato su PLOS – il 1° lavoro di portata globale sul tema – prevede che i giorni di copertura nevosa “diminuiranno sostanzialmente” in ogni scenario emissivo
Nelle Alpi europee, in generale la perdita di neve arriverà al 42%
(Rinnovabili.it) – Nel peggiore scenario emissivo ipotizzato dall’ultimo rapporto dell’IPCC, 1 stazione sciistica su 8 (il 13%) in tutto il mondo resterà completamente senza neve entro il 2100, ma inizierà ad avere seri problemi di sostenibilità ben prima. Lo ha calcolato il primo studio su scala globale sul futuro dell’industria sciistica di fronte all’avanzare del riscaldamento globale. Finora, gli studi esistenti si sono concentrati su aree specifiche e hanno al massimo uno sguardo regionale.
La ricerca guidata dall’università tedesca di Bayreuth e pubblicata sulla rivista PLOS prende in considerazione 7 regioni specifiche, dove si concentrano i principali hub dell’industria sciistica mondiale. Nello specifico, si tratta delle Alpi europee, le Ande, i Monti Appalachi, le Alpi australiane, le Alpi giapponesi, le Alpi meridionali (in Nuova Zelanda) e le Montagne Rocciose negli Stati Uniti. Le Alpi europee, da sole, rappresentano il 69% delle stazioni analizzate.
Per ciascuna regione, gli autori hanno stimato i giorni annuali di copertura nevosa per il periodo 2011-2040, 2041-2070 e 2071-2100 in scenari di emissioni di carbonio basse, alte e molto elevate. Cosa succede nel caso peggiore? Il 13% delle aree sciistiche perderà completamente la copertura nevosa naturale entro il 2071-2100, rispetto ai loro valori di riferimento storici. E un altro 20% perderà più della metà dei giorni di copertura nevosa all’anno, restando con stagioni sciistiche striminzite.
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Più nel dettaglio, sempre nello scenario emissivo peggiore ed entro gli ultimi 30 anni di questo secolo, lo studio calcola che la media annua dei giorni di copertura nevosa diminuirà soprattutto nelle Alpi australiane (78%) e nelle Alpi neozelandesi (51%). A seguire, saranno colpite le Alpi giapponesi (50%), le Ande (43%), le Alpi europee (42%), gli Appalachi (37%), e le Montagne Rocciose (23%).
Le aree che resteranno “sciabili” in futuro, prevedono gli autori, si concentreranno “nelle aree meno popolate, verso le regioni continentali e le parti interne delle catene montuose”. Uno scenario denso di conseguenze impattanti. “Poiché in futuro le aree sciabili saranno situate a distanze maggiori rispetto alle aree altamente popolate, ci aspettiamo un’espansione delle infrastrutture e un aumento delle azioni di intervento (ad esempio, innevamento artificiale, preparazione delle piste) per prolungare la durata della neve”. Inoltre, “le specie vulnerabili d’alta quota potrebbero essere minacciate dalla riduzione dello spazio con l’espansione dell’area sciistica”.
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