Secondo una nuova stima, che include dei tipping point specifici per il permafrost e alcune dinamiche idrologiche e biogeochimiche prima non considerate, la forchetta di emissioni annuali dal suolo artico ghiacciato sarà di 0,5-2 Gt CO2e
Fino a 232 Gt CO2e al 2100 dalla fusione del permafrost
(Rinnovabili.it) – Anche nello scenario migliore di riscaldamento globale, le emissioni dalla regione artica cresceranno al punto da non poter essere ignorate dalle politiche climatiche globali. La fusione del permafrost, infatti, potrebbe rilasciare fino a 230 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (Gt CO2e) entro il 2100. Lo sostiene lo studio Permafrost and Climate Change: Carbon Cycle Feedbacks From the Warming Arctic apparso su Annual Review of Environment and Resources.
“Capire quanto carbonio del permafrost verrà rilasciato, in quale arco di tempo, e quali saranno le emissioni relative di anidride carbonica e metano è fondamentale per comprendere l’impatto sul clima globale”, affermano gli autori. Per far luce su questi punti, il team di ricerca ha realizzato la stima più dettagliata mai prodotta finora sull’impatto climatico della fusione del permafrost. Il calcolo comprende anche alcune dinamiche idrologiche e biogeochimiche mai considerate prima, e incorpora gli effetti di alcuni tipping point specifici per il permafrost.
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Il risultato è che, anche se le politiche climatiche riusciranno a contenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2 gradi, la fusione del permafrost rilascerà in atmosfera almeno 55 Gt CO2e da qui a fine secolo, soprattutto anidride carbonica e metano. Nello scenario peggiore la quantità sale fino a 232 Gt CO2e. Secondo le previsioni degli autori, il rilascio dovrebbe avvenire in maniera piuttosto graduale, sicché le emissioni annuali dovrebbero attestarsi in una forchetta di 0,5-2 Gt di CO2e. Per avere un termine di paragone, una nazione altamente industrializzata come il Giappone nel 2019 ha emesso 1,2 Gt di CO2e.
“Una volta che le emissioni di carbonio dal permafrost aumenteranno in risposta al riscaldamento climatico, come previsto da alcuni modelli, non ci sarà modo di fermare questo processo”, sottolinea Roísín Commane, coautrice dello studio. “Potremmo dover ridurre le nostre emissioni di combustibili fossili molto prima di quanto attualmente previsto da molti governi per evitare di innescare possibili punti di svolta nel clima terrestre”.
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