Il fondo pensione australiano REST patteggia con un 25enne prima di finire in tribunale. E si impegna ad avere un’impronta di carbonio net-zero entro il 2050
Il fondo REST dovrà calibrare i suoi investimenti anche in base al rischio del cambiamento climatico
(Rinnovabili.it) – Forse il nome di Mark McVeigh non diventerà mai famoso come quello degli attivisti climatici più noti. Eppure il 25enne australiano, un po’ come il proverbiale Davide contro Golia, è riuscito a spuntarla contro uno dei più grandi fondi pensione dell’Australia, con un portfolio di 57 miliardi di dollari. Costringendolo a integrare nelle sue politiche e nelle comunicazioni ai clienti i rischi che derivano dal cambiamento climatico.
Potrà sembrare una vittoria da poco. Ma non è così. Per due motivi. Il primo è che la decarbonizzazione della finanza e dei portafogli dei grandi investitori è un formidabile moltiplicatore di efficacia nella lotta al cambiamento climatico. E i fondi pensione sono fanalino di coda in quest’ambito. Nel 2018, una ricerca aveva stabilito che l’87% del patrimonio investito dai 100 maggiori fondi pensione del mondo, pari a 9.800 miliardi di dollari, deve ancora essere sottoposto a valutazione per i rischi sistemici associati ai cambiamenti climatici e alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
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E il secondo motivo è che Mark McVeigh ha ottenuto una vittoria sul piano legale. Che può fare scuola e smuovere anche altri fondi pensione, oltre a essere vincolante per quello coinvolto nella causa, REST. McVeigh lo ha trascinato in tribunale con l’accusa di non aver agito nel suo migliore interesse non considerando adeguatamente i rischi che la crisi climatica pone agli investimenti.
REST ha preferito patteggiare, a poche ore dall’inizio del processo. E si è impegnato a rendere pubblico l’elenco completo delle sue partecipazioni (rendendo così più semplice tracciare gli investimenti in ambito fossili), a condurre analisi di rischio dello scenario climatico (che orienteranno la sua strategia di investimenti) e a verificare che le società in cui investe rispettino gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
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“Il cambiamento climatico è un rischio finanziario materiale, diretto e attuale per il fondo pensione in molte categorie di rischio, inclusi rischi di investimento, di mercato, di reputazione, strategici, di governance e di terze parti”, ha affermato il fondo pensione REST motivando la sua scelta. Musica per le orecchie di McVeigh. E del suo avvocato, che si dice convinto che “se gli investitori sono legalmente obbligati ad applicare una valutazione sul rischio climatico ai loro portafogli, ciò potrebbe comportare una significativa riduzione degli investimenti in combustibili fossili, molti dei quali sono già visti come asset bloccati in un futuro a basse emissioni di carbonio”.