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Google dichiara guerra alle fake news sul clima

Google e Youtube lasciano a secco i negazionisti del clima. A chi diffonde contenuti falsi sul climate change sarà impedito l’accesso a forme di monetizzazione come gli annunci pubblicitari e il creator payment. Come funziona la nuova policy di Big G?

fake news sul clima
Via depositphotos.com

Non si potrà più guadagnare con le fake news sul clima

(Rinnovabili.it) – Stop a tutte le pubblicità che alimentano la disinformazione sul riscaldamento globale e gli impatti del cambiamento climatico. La decisione arriva da Google, che diventa così la prima grande piattaforma tech a prendere misure drastiche per combattere le fake news sul clima.

Google contro le fake news sul clima

In cosa consiste la nuova policy annunciata ieri? Google e Youtube lasciano a secco i negazionisti del clima. Chi diffonde contenuti falsi sul climate change, ad esempio tramite un blog o un sito, non potrà guadagnare da queste attività: sarà impedito l’accesso a forme di monetizzazione come gli annunci pubblicitari e il creator payment.

Quali contenuti saranno bloccati? In una nota, l’azienda di Mountain View spiega che l’obiettivo è fermare tutto ciò che contraddice il “consenso scientifico consolidato sull’esistenza e le cause del cambiamento climatico”. Più nel dettaglio, guadagnare via Google diventerà impossibile per chi produce contenuti che “fanno riferimento al cambiamento climatico come una bufala o una truffa, affermazioni che negano che le tendenze a lungo termine mostrino che il clima globale si sta riscaldando e affermazioni che negano che le emissioni di gas serra o le attività umane contribuiscano al cambiamento climatico”.

Una posizione che si basa sull’ultimo rapporto sul climate change del Panel delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (IPCC), pubblicato all’inizio di agosto, dove per la prima volta si affermava che esistono prove “inequivocabili” che il cambiamento climatico sia opera dell’uomo. E nasce da un’esigenza sempre più pressante. Non solo le fake news sul clima sono aumentate negli ultimi 2 anni, da quando il tema è tornato prepotentemente al centro dell’agenda internazionale. Siamo di fronte a operazioni più raffinate che in passato, dimostrano alcune ricerche. La tattica non è più negare frontalmente il climate change, ma sminuirne ruolo e portata. Spesso in occasione dei picchi di attenzione del pubblico, che coincidono con eventi climatici estremi come inondazioni e ondate di calore.

Chi decide cosa è disinformazione?

Come in tutti i casi simili, la questione più importante è chiara: chi decide che cosa è disinformazione e cosa no? Quali sono i criteri che vengono usati e come funziona il processo decisionale interno a Google? Quali tutele ci sono per chi parla, scrive e fa ricerca sul cambiamento climatico in modo “genuino”, per non finire bloccato a sua volta per un errore del sistema?

Google spiega che userà un misto di strumenti automatici e di interventi umani per affrontare la questione. Verosimilmente ci sarà una prima scrematura automatizzata e poi i contenuti segnalati saranno passati al vaglio uno per uno da dipendenti del colosso tecnologico. Di più non è dato sapere, Big G si limita ad assicurare che “esamineremo attentamente il contesto in cui vengono fatte le affermazioni, differenziando tra contenuti che sostengono un’affermazione falsa come un fatto, rispetto a contenuti che riportano o discutono tale affermazione”.

(lm)