Nei 7 anni successivi all’Accordo di Parigi, la maggior parte dei grandi inquinatori ha aumentato le proprie emissioni. Anche in Europa, più della metà di questi soggetti legati a fossili e cemento non sta rallentando e decarbonizzando la produzione. E c’è una manciata di aziende dietro la maggior parte delle emissioni storiche: solo 19 imprese fossili e del cemento sono responsabili del 50% delle emissioni storiche
L’analisi di InfluenceMap sulle emissioni fossili e del cemento dal 1854 al 2022
(Rinnovabili.it) – Nei sette anni dopo la firma dell’Accordo di Parigi abbiamo emesso 251 miliardi di tonnellate di CO2 (GtCO2). Ma l’80% di questi gas serra dipende da una manciata di soggetti: 57 aziende legate a petrolio, carbone, gas e cemento. Se si tiene conto anche di imprese di taglia più piccola il panorama non cambia. L’88% delle emissioni post-Parigi arriva da appena 117 soggetti. Le emissioni dei grandi inquinatori hanno un peso specifico enorme nel rispettare gli obiettivi del Paris Agreement, ma non stanno facendo quasi nulla per cambiare rotta. Anzi: la maggior parte delle aziende produttrici di combustibili fossili hanno prodotto più oil&gas nei sette anni successivi all’Accordo che nei sette anni precedenti. Lo ha calcolato il think tank InfluenceMap in un rapporto rilasciato il 4 aprile.
Da dove arrivano le emissioni dei grandi inquinatori?
Se continuiamo a stare su una traiettoria non compatibile con la soglia di 1,5°C è soprattutto perché un piccolo gruppo di grandi inquinatori non riesce (o non vuole) rallentare la produzione di fossili. A trainare la pattuglia di “irriducibili” è l’Asia, dove 13 aziende su 15 (l’87%) analizzate da InfluenceMap hanno aumentato le loro emissioni dal 2016. In Medio Oriente la percentuale arriva al 70% (7 aziende su 10) e anche l’Europa ha una maggioranza assoluta di soggetti che va nella direzione opposta a quella stabilita a Parigi (13 aziende su 27, il 57%, hanno incrementato i gas serra prodotti). Il Nord America è l’unica regione dove la maggior parte delle aziende fossili ha rallentato (21 su 37, il 57%).
Solo 19 aziende fossili e del cemento dietro il 50% delle emissioni storiche
Numeri, quelli del rapporto, che aiutano ad attribuire chiaramente la quota più grande di responsabilità per l’aumento del riscaldamento globale a poche decine di soggetti. Ma l’analisi di InfluenceMap fa un passo in più: ricostruisce le emissioni globali con una prospettiva storica. Mettendo sotto la giusta luce il peso specifico delle emissioni dei grandi inquinatori. Il set di dati alla base del rapporto copre il periodo 1854-2022. In questo lasso di tempo, ben il 70% delle emissioni globali di CO2 è riconducibile ad appena 78 soggetti attivi nelle fossili e nel cemento. E ci sono soltanto 19 aziende dietro il 50% di queste emissioni.
Storicamente, le società di proprietà degli investitori rappresentano il 31% di tutte le emissioni tracciate dal database (440 GtCO2 equivalenti). I maggiori emettitori in questa categoria sono Chevron, ExxonMobil e BP. Un altro terzo delle emissioni storiche globali (il 33%, 465 GtCO2eq) deriva da aziende di proprietà con in testa Saudi Aramco, Gazprom e la National Iran Oil Company. Il restante 36% è da attribuire all’attività di stati, con la produzione di carbone della Cina e l’ex Unione Sovietica che figurano come i maggiori contributori.
I dati del database di InfluenceMap sono “uno strumento chiave per attribuire la responsabilità del cambiamento climatico ai produttori di combustibili fossili con il ruolo più significativo nel determinare le emissioni globali di CO2”, spiega Daan Van Acker, project manager di InflenceMap. “Questa ricerca fornisce un collegamento cruciale per costringere questi giganti dell’energia a rendere conto delle conseguenze delle loro attività”.